di Marco Tarantino
… che nasce e si alimenta (o dovrebbe) tra i banchi di scuola e accoglie l’invocazione (o la speranza) dell’ antimafia reale. Il sociologo e saggista barese Leonardo Palmisano ha incontrato gli studenti del ‘Flacco’ di Castellaneta nella sede palagianese dello ‘Sforza’ per parlare di ‘Vocazione antimafia’: scritto a quattro mani con suor Marinella Pallonetto
TATUAGGI DI BUIO E SOLE lungo la scelta sterrata di stare tra, con gli ultimi. Li hanno portati nel cuore, con umiltà, senza farsene un vanto, gli autori a quattro mani di ‘Vocazione antimafia’: il sociologo, giallista e saggista barese Leonardo Palmisano e suor Marinella Pallonetto, oggi nell’equipe Pastorale Giovanile di San Severo.
Direttore artistico di Legalitria, che ha editato il libro e che abbraccia un progetto culturalmente e socialmente ai limiti dell’eroico, Premio Livatino 2015 ‘Contro le mafie’, Palmisano ha incontrato gli studenti del ‘Flacco’ di Castellaneta, quarte e quinte del Liceo Sportivo e del tecnico AFM, nel plesso palagianese dello ‘Sforza’.
Una mattinata di scambio e compenetrazione, più che di semplice, ordinaria, formale presenza magari da smarcare su un qualche rigo di un qualche registro e poi fare tre o quattro conteggi per le famose carte a posto. Se non (sempre) il seme della bellezza, come invece sempre vorremmo e come Palmisano scrive nella quarta di copertina: quello della speranza, sì.
Introdotto dall’assessore comunale ai Servizi Angela Liverano, contestualizzato nell’iniziativa ‘Galattica’ da Donato Gigante di ‘Noi&Voi’, che ha spiegato come il progetto sia un bando regionale, un collante di supporto che interconnette ben 99 Comuni pugliesi all’insegna della cultura e dell’animazione sociale, presentato da Gianni Svaldi, ex giornalista del fallito, liquidato, defunto (2014) e seppellito ‘Corriere del Giorno di Puglia e Lucania’, Il libro si snoda mettendo insieme a ritmi alterni i diversi e lontani – così vicini – percorsi soprattutto estremi tra Leonardo e Marinella.
Lei, napoletana del Vomero, che 21enne era ancora attratta da amici e feste, “un po’ vanitosa”, poi folgorata durante un campo a Capri da un tuono nell’anima che – più di un fulmine – le avrebbe illuminato la via salesiana.
Lui, cresciuto nel rione San Paolo di Bari e d’un tratto privato del suo amico migliore, poiché fuggito con la madre dopo l’omicidio del padre nella guerra tra bande. Militanze ignare, da quel momento in poi, di un sentiero che sarebbe diventato convergente: al servizio, o per la voce, degli altri. Quelli che non ne hanno. Quelli che, se anche ce l’hanno, una voce, vengono seppelliti sotto la sabbia della negazione e\o dell’indifferenza. Quanta fatica, ci vuole. Quanto pesano le lenzuola, ogni giorno in cui tocca alzarsi ma i piedi no, non ce la fanno, e il soffitto bianco non ne può più, della disperazione o dello sconforto.
CARRASSI, il clan dei Diomede, i Rafaschieri, i Parisi, Madonnella, San Girolamo, l’omicidio di Annalisa Durante, il dottorato del giovane Leonardo in Tunisia, lo shock allo sbarco, l’oscuro, ieratico allenatore genovese che raccoglieva talenti tra i palleggi delle pietre e li portava ad arrivare secondi in un campionato che non avrebbero potuto, dovuto vincere mai.
Scampia, affresca suor Marinella: “Miseria e ricchezza, meraviglia e squallore”. Dai diamanti, cantò De André, non nasce niente: dal letame \ nascono fior. Al bene, scrive Marinella, “servono missionari di pace”: purché siano autentici, aggiungo io, anziché parolai cardinalizi che poi dietro al sermone vendono i Barrett M82 a 7mila dollari l’uno.
Le baraccopoli di Nardò e le case di plastica. La ‘ndrangheta e lo schiavismo migrante a Rosarno, dieci euro al giorno, uno a cassa di arance.
Suor Marinella a Martina Franca e poi all’Opera Salesiana di Paolo VI a Taranto, dove per integrarsi sfoggia dribbling e stop orientati tra Piazzale Nenni, le Case Bianche e Marroni: Suor Ronaldinho, la chiamano, stupiscono e per questo la accettano, il cuore poi sarà più orientato degli stop.
La pandemia, sottolinea Palmisano, “ha reso i braccianti ancora più vulnerabili. Ancora più invisibili e più poveri”. Dal bullismo alle ‘sentinelle malavitose’ della camorra.
Quanto la marca stretta la paura esponendosi così, gli ha chiesto Marco Nilvetti, 5A del Liceo Sportivo. “E’ la domanda più frequente. A volte di più, a volte meno. Ma so di non essere solo. Poi la paura è un fatto intimo. So che quello che faccio migliora i sistemi di sicurezza”. Della stessa classe di Marco, sono intervenuti Giampaolo Barulli (“La mafia è più terrore o tacito consenso?”), Maya Curione (“Lei in ‘Ascia nera’ ha scritto della mafia nigeriana: confronti possibili?”) e Mattia Ciaurro (“Nei suoi saggi lei ha denunciato il cancro del caporalato specie a spese dei braccianti stranieri, un dramma che tocca anche quelli nostrani. A che punto siamo, in Italia, o vale soltanto quando ci scappa il morto?”. Analoghi interventi anche da parte dei ragazzi dell’AFM.
“Ma poi, alla fine, ci siete voi”, ha sorriso Palmisano: “Dovete capire che c’è un mondo intero al di là del guadagno facile. C’è la bellezza”, ha ripetuto: avendolo scritto su carta.
Ma stavolta lo ha scritto con gli occhi.
Tatuaggi, appunto.