Il gruppo Ladisa ha più volte manifestato, ufficialmente, interesse per la futura gestione dell’impianto una volta completata la ristrutturazione. Anche con successive modifiche ed integrazioni da apportare. Questo tema, strategico per il futuro del club e della città, porta una parte dell’ambiente a interrogarsi sulle priorità reali della attuale proprietà: prevale, per i Ladisa, l’interesse sportivo o quello legato all’impiantistica?
A fine anno è naturale tracciare un bilancio della gestione sportiva e societaria del Taranto, oggi nelle mani del gruppo Ladisa, realtà imprenditoriale di primo piano nel settore della ristorazione collettiva. Al momento del loro insediamento, i nuovi proprietari avevano assunto impegni che andavano oltre l’aspetto prettamente sportivo: si parlava di un progetto aziendale strutturato, di un piano industriale credibile e di una gestione trasparente del titolo sportivo, che rimane patrimonio della comunità ionica. Mai di privati.
Struttura societaria e governance di prim’ordine sono punti chiave nel bando comunale che portò all’assegnazione del titolo sportivo. Prevedeva una forte attenzione alla trasparenza e alla vigilanza pubblica. A oggi, però, molti interrogativi restano aperti se non addirittura irrisolti:
- La S.S. Taranto 2025 Srl risulta controllata dalla FinladSrl e amministrata da un amministratore unico: un assetto distante dall’organigramma più articolato più volte evocato pubblicamente da Vito Ladisa.
- La sede societaria risulta ancora formalmente collocata presso lo stadio Iacovone, attualmente ridotto a cantiere e quindi non fruibile come sede operativa.
- Non è ancora stato presentato un piano industriale completo, con dettagli su investimenti, strutture, marketing, settore giovanile, femminile, gestione impiantistica ed attività produttive collaterali.
La sensazione diffusa in città e tra i tifosi è che la società non abbia ancora costruito quell’ossatura manageriale promessa nei primi mesi di gestione.
Aspetti aziendali e programmazione
Un club moderno necessita di:
- direzioni chiare e mirate (amministrativa, sportiva, comunicazione)
- competenze professionali specifiche nei ruoli chiave
- una pianificazione economica che dia stabilità a medio termine
Ad oggi queste aree appaiono ancora in fase embrionale. Il capitale sociale ridotto e l’assenza di un documento programmatico ufficiale alimentano dubbi sull’effettiva solidità del progetto e sulla volontà di strutturare un’azienda sportiva proiettata verso il professionismo.
Il nodo stadio Iacovone
Il gruppo Ladisa ha più volte manifestato, ufficialmente, interesse per la futura gestione dell’impianto una volta completata la ristrutturazione. Anche con successive modifiche ed integrazioni da apportare. Questo tema, strategico per il futuro del club e della città, porta una parte dell’ambiente a interrogarsi sulle priorità reali della attuale proprietà: prevale, per i Ladisa, l’interesse sportivo o quello legato all’impiantistica? È un interrogativo legittimo, che merita risposte chiare.
Settore sportivo: luci e ombre
Sul campo, il Taranto vive una stagione sufficiente, ma non priva di contraddizioni:
- Il cambio repentino di direttore sportivo e allenatore è apparso a molti una scelta figlia della necessità di correggere una programmazione iniziale non del tutto efficace.
- La costruzione della rosa è stata giudicata da parte dell’ambiente come discontinua e poco mirata, con innesti di grande nome ed interesse mediatico, ma non pienamente funzionali al progetto tecnico.
- La squadra è oggi nel gruppo di testa, a quattro punti dalla vetta: un risultato discreto, ma ancora lontano dall’obiettivo dichiarato della promozione immediata.
Il girone di ritorno sarà pertanto decisivo. Il Taranto, anche in vista del nuovo stadio, non può permettersi un altro anno nel dilettantismo regionale dell’Eccellenza.
Conclusioni
Il primo bilancio della gestione Ladisa è palesemente in chiaroscuro:
- sul piano sportivo: sufficienza, con margini di miglioramento, ma ancora con molte incognite;
- sul piano societario: ritardi, mancanza di trasparenza sulle strutture interne e totale assenza di un piano industriale pubblico;
- sul piano della programmazione futura: necessità di risposte concrete sulla governance, sulle strategie e sul rapporto con la città.
Il Taranto è un bene civico. Chi lo guida deve garantirne stabilità, trasparenza e visione. Il 2026 dovrà essere l’anno della verità: in campo e fuori.


