Il ricordo di Andrea Purgatori, morto questa mattina per una malattia fulminante, nelle parole della collega Raffaella Fanelli: “Un grande uomo e grande giornalista, che ha dato voce a chi non ne aveva”
Andrea Purgatori è stato giornalista, sceneggiatore e autore televisivo: tanti registri espressivi che però convergevano quasi sempre su quello che possiamo definire il suo interesse principale, approfondito più volte nel corso della seguitissima trasmissione Atlantide, in onda su La7, ovvero quello delle inchieste giornalistiche.
Memorabili i suoi reportage su alcuni dei casi più scottanti della cronaca italiana, dalla scomparsa di Emanuela Orlandi, al rapimento e omicidio di Aldo Moro, fino alla strage di Ustica.
Abbiamo voluto ricordare questa figura simbolo del giornalismo d’inchiesta, morto nella mattinata di oggi, all’età di 70 anni, nell’ospedale di Roma in cui era ricoverato da giorni a causa di una malattia fulminante, attraverso una breve intervista alla giornalista Raffaella Fanelli, autrice, tra l’altro, de “La strage continua. La vera storia dell’omicidio di Mino Pecorelli”, della quale parlò insieme a Purgatori proprio durante una puntata di Atlantide.

Qual è secondo lei, che ha avuto modo di conoscere Purgatori, la qualità principale che animava il suo lavoro?
Credo che ad aver mosso l’intero lavoro di Andrea Purgatori sia stata la ricerca incessante della verità, un desiderio profondo di raggiungerla: è grazie a lui che l’inchiesta sulla strage di Ustica è rimasta aperta.
Ma quello che lo ha reso grande, a mio avviso, è la sua umanità, il suo restare accanto ai famigliari delle vittime e sostenerle oltre le bugie e le omissioni dello Stato.
Andrea Purgatori si è sempre schierato dalla parte dei più deboli, ha dato voce a chi senza di lui non avrebbe avuto possibilità di farsi ascoltare.
Quando scrissi la mia inchiesta sulla morte del giornalista Mino Pecorelli, che ha permesso alla Procura di Roma di riaprire le indagini sul suo omicidio, molti colleghi mi hanno ignorato: lui, invece, ha voluto portare il mio libro in prima serata, dedicandomi un’intera puntata di Atlantide.
E’ stato un onore per me conoscerlo dal punto di vista umano e professionale: Andrea Purgatori è stato un grande uomo e un grande giornalista, una mosca bianca nel panorama di un’informazione contigua, compiacente e oserei dire persino collusa con la mafia.
La stampa oggi è composta da lato da un’èlite di giornalisti prime donne e arroganti, dall’altra da un esercito di freelance schierati in prima linea e mal pagati. Ecco, lui ha scelto di dare spazio alla mia inchiesta, al lavoro di una collega precaria, che lo considerava il suo mito ma che lui ha subito messo a suo agio con una stretta di mano ed un sorriso.
Possiamo chiederle di ricordare la figura di Purgatori con un aneddoto o una frase che ne descrive e racchiude il carattere e il lavoro?
Quando ci siamo incontrati, in occasione della puntata di Atlantide, io istintivamente mi sono rivolta a lui dandogli del lei. A quel punto lui ha sorriso e mi ha detto: “Ma dammi del tu, siamo colleghi!” e si è prestato ad una foto ricordo con molta naturalezza. Un episodio che rivela tutta la sua semplicità e la sua umanità.
Io mi auguro davvero che nessuno entri in quello studio al suo posto, perchè Purgatori non può essere sostituito con chi si fa un giro in via Condotti con un giubbotto antiproiettili solo per farsi fotografare e finire sulle copertine dei settimanali.
Andrea Purgatori merita che a prendere quel testimone sia un vero giornalista, dotato di grande dignità come lo era lui; qualasiasi altra scelta sarebbe un’offesa al grande lavoro che ha svolto in tutti questi anni.