Giocare in un cantiere a cielo aperto è operazione difficile anche per un Paese sconclusionato come il nostro. Il Taranto calcio, con molta probabilità, nonostante le rassicurazioni fornite da “Sport e Salute”, dovrà disputare lontano dallo Iacovone i prossimi due campionati. Il maggior responsabile di questa assurda situazione indovinate chi possa essere? L’Amerigo Melucci si è incagliata nella rada di Mar Grande
Difficile, quasi impossibile, che il Taranto calcio resti allo Iacovone. E disputi le gare casalinghe, per i prossimi due campionati, nell’impianto del rione Salinella. Le rassicurazione fornite da “Sport e Salute” ai tifosi e alla piazza, la società che ha nel Ministero dell’Economia e delle Finanze il proprio socio unico, la struttura che ha progettato il rifacimento dello stadio per l’avvio dei Giochi del Mediterraneo, s’iscrivono nell’alveo delle buone intenzioni. Dei buonissimi intenti. Dell’equilibrio politico da ricercare quando le passioni non sono, adeguatamente, bilanciate dalla ragione. Ma politica e tecnica, senza rispolverare il pensiero filosofico di un Heidegger, rispondono a pubblici diversi (tifosi verrebbe da dire). Percorrono, sovente, sentieri paralleli. Ambiscono a risultati non necessariamente conciliabili. Ci chiediamo: quale prefetto, questore, comandante dei vigili del fuoco darebbe mai il proprio assenso per spettacoli pubblici da tenersi in un cantiere a cielo aperto? Chi mai si prenderebbe un rischio del genere? Siamo seri, suvvia. Restiamo con i piedi per terra, non per sferrare calci ad un palla, mettere a segno un gol, ma per amor di logica. E di ragionamenti che non si facciano portare a spasso nelle piazze chiassose degli equivoci.
“Sport e Salute” sta profondendo il massimo dello sforzo, considerata la situazione ereditata e il tanto tempo andato sprecato attorno a questa vicenda. Stessa cosa dicasi per il commissario Ferrarese: chiedergli più di quanto stia facendo sarebbe ai limiti dell’irriguardoso. La società del presidente Giove, poi, dovrà programmare la prossima stagione (e quell’altra ancora) agonistica senza sapere dove diavolo potrà giocare le partite casalinghe. A quale stadio successivo ci si è spinti in una situazione che ha del surreale. Le colpe di tutto questo, il maggiore responsabile di un’indeterminatezza che paralizza senza scuotere, di una gestione amministrativa inconcludente e sconclusionata, siede a Palazzo di Città nei giorni pari. E in via Anfiteatro nei giorni dispari. L’Amerigo Melucci si è incagliata nella rada di Mar Grande. La nostra tragedia del Titanic si chiama improvvisazione.