Il vero regista dell’operazione “Tacente candidato sindaco di Taranto” ha un nome e cognome. Indovinate di chi si tratta? Semplice: dell’onorevole Michele Pelillo. Il più abile tra quelli in giro. L’unico ad aver letto l’opera del cardinale Mazzarino
Non Stellato. Non Musillo, con Cosa e Festinante al seguito. Non (il) Nilo, fiume che rese grande la civiltà egizia. Non il senatore Marti della Lega che, qui, non si chiama Lega ma “Prima Taranto”. Cambia la toponomastica, ma i luoghi restano sempre gli stessi alla fine. Non nessuno, tranne uno. Il vero regista dell’operazione che accompagna, accarezza, suggerisce, e poi insiste e resiste sulla candidatura di Tacente a sindaco di Taranto, con fare imperterrito, ha un nome e cognome. Sempre il medesimo, da almeno vent’anni a questa parte, quando di mezzo ci sono i destini politici della seconda città pugliese. Indovinate un po’ di chi stiamo parlando? Semplice: dell’onorevole Michele Pelillo. Stratega per necessita, tessitore di trame possibili, constatata l’inconsistenza degli attori in campo. Bravi per fare un po’ di scena, per andare in gita a Roma, ma disastrosi su tutto il resto.
Pelillo non si fa specie di consiliare il centrosinistra, come fece con Melucci a suo tempo non sortendo alcun effetto. Ma quella era un’impresa difficile, ai limiti del proibitivo. E di raccomandare, come in questo caso, lo schieramento opposto: il centrodestra che quanto a dolori, quelli del giovane Werther di Goethe, erano pizzicotti sulle guance al cospetto. Un centrodestra gravido di voti, ma vacante su tutto il resto. E allora Pelillo, che fa? Con la santa pazienza suggerisce. Abbozza ragionamenti. Tratteggia profili: a monte; e a valle. Ammonisce Tacente di non muoversi da dove si è deciso di metterlo, perché in politica la resistenza vale più delle idee. E, memori dell’insegnamento del cardinale Mazzarino, uno che quanto a consigli sapeva il fatto suo, “Lascia agli altri nome e gloria; tu cerca solido potere”. Suggerire è creare. Descrivere, è distruggere. Meno male che Pelillo c’è.