Ionesco scriverebbe un’opera teatrale sull’ex Ilva. E sul ministro del Made in Italy che dichiara strategico, e di Stato, l’acciaio prodotto a Taranto. Ma si dimentica di dire, la Facoltà d’Urso, che i nuovi proprietari della fabbrica saranno gli azeri di Baku Steel. Cioè: il governo dell’Azerbaijan. Storici alleati di Putin. Un signore con il quale, negli ultimi tempi, abbiamo più di qualche problema
E’ molta la confusione sotto il cielo di Taranto. I fumi dell’Ilva annebbiano la vista, umidificano i pensieri. Adulterano il dibattito. La fabbrica dispensa inquinamento e fraintendimenti in quantità industriale. Nell’identica misura. La guerra dei trent’anni tra politica e magistratura, partita dal tribunale di Milano, è sopraggiunta nuovamente nella città pugliese. Per una nuova edizione della storica Milano-Taranto: corsa in moto, ad ostacoli, tra la solerzia del diritto e l’inerzia dei doveri. La Procura smentisce il Governo; il Governo sconfessa la Procura. Il ministro del Made in Italy dichiara che l’acciaio di Taranto è acciaio strategico. Per lo Stado (Stato, signor ministro!). Per la manifatture italiana (manifattura, signor ministro!).
Se fosse realmente strategico, forse andava trovato un altro acquirente per la fabbrica. Forse, ci permettiamo di far notare. Non certamente gli azeri di Baku Steel. Cioè: il Governo della Repubblica dell’Azerbaijan. Paese storicamente alleato (alleato è, chiaramente, un eufemismo) con la Russia di Putin. Con chi, insomma, da oltre due anni siamo in guerra, su fronti opposti, dopo l’invasione – e l’occupazione russa – dell’Ucraina. Le produzioni strategiche, crediamo, non andrebbero lasciate nelle mani di avversari. Per giunta, poi, nel pieno svolgimento di un conflitto bellico. Non bisogna essere degli agenti 007 per capirlo. Privati di una politica industriale, ci rifuggiamo nella roulette russa. Ionesco ci scriverebbe un’opera sull’ex Ilva. Alla voce: teatro dell’assurdo.