Il siderurgico dei fraintendimenti si avvia verso un sostanziale ridimensionamento. Lo Stato si farà carico di una fabbrica-bonsai. D’altronde, continuare a mantenere in vita chi brucia 50 milioni di euro ogni mese è una follia. Resa possibile solo in un Paese iniquo e ruffiano come il nostro
Una piccola Ilva. Così piccola che si stenterà persino a riconoscerla. Nel futuro di Taranto, la siderurgia diviene chirurgia. Una sorta d’incisione, di taglio netto rispetto al passato. E alla storia contemporanea, quella relativa alla seconda metà del secolo scorso. Investitori sul mercato disponibili a farsi carico di una fabbrica che, negli ambienti che contano chiamano “il rottame”, non ce ne sono. Azeri, indiani, americani: tutti hanno dato buca. Senza il gas, ciò che poteva garantire guadagni e posizionamento sul mercato internazionale, senza le geopolitica che si sostituisce ai sistemi industriali, la partita non vale la pena neanche iniziarla a giocare.
Senza il carbone, invece, la partita si gioca e si perde male per come è (mal)messo lo stabilimento pugliese. E per l’onda ambientalista divenuta coscienza civica, rifiuto ideologico, odio economico a queste latitudini. Cosa resta fuori? Cioè dentro questa vicenda che scompagina ogni teoria economica. Che manda in tilt fautori del liberismo più estremo e dell’interventismo statalista in egual misura. Semplice: la nazionalizzazione. Di una fabbrica-bonsai. Piccola nei numeri: degli occupati; dell’acciaio prodotto. Piccola nei propositi. Una sorta di ponte girevole tra lo sfacelo attuale e la dipartita futura.
D’altronde come si può, di questi tempi, continuare a mantenere in vita un morto che cammina e brucia 50 milioni di euro, soldi dei contribuenti italiani, ogni mese? Si fosse trattato di una persona fisica e giuridica qualsiasi, l’Agenzia delle entrate avrebbe agito da tempo per toglierle anche le mutande. Ma con l’Ilva le cartelle esattoriali si sospendono, i fermi giudiziari (e non amministrativi) diventano un aperitivo alcolico servito ad una riunione degli alcolisti anonimi. Con l’Ilva si rottama tutto tranne i metalli. Paese strano, il nostro. Iniquo. Ruffiano. Forte con i deboli, debole con i forti. La piccola Ilva, il grande inganno tarantino.