“Oggi che l’ex ILVA rischia davvero di chiudere, dopo l’agonia inferta da questo Governo, chiediamo che all’approssimazione, al pressappochismo, e al dilettantismo attorno alla disamina di questa vertenza si sostituisca finalmente la serietà, la responsabilità e il rigore”
Quando parlavamo, quasi in perfetta solitudine, di impianti insicuri e a rischio – fanno sapere – o quando dichiaravamo a gran voce che fare una gara di cessione senza un piano industriale che parlasse di rilancio, o quando chiedevamo che lo Stato si occupasse di quell’asset stragegico dell’economia nazionale ma lo facesse con gli occhi di chi sa quanto costa in termini di salute e ambiente quello che innalza il PIL di un’intera nazione, ebbene ognuna di queste volte come CGIL abbiamo dovuto fare i conti con disfattisti, facinorosi, e analisi superficiali.
Industrialismo e manifattura, in chiave eco e socio sostenibili – aggiungono – sono ancora vie percorribili se sottratte alla logica della propaganda e della de-responsabilizzazione.
Il governo Meloni sta accompagnando l’ex ILVA verso la consunzione, verso la sua chiusura. Davvero mortificanti i contenuti degli incontri dell’11 e 18 novembre.
Il tema della decarbonizzazione doveva essere la stella polare della prospettiva industriale e invece è diventato uno strumento di propaganda nelle mani del ministro Urso che dice che può realizzarsi in 4 anni.
Per noi, per la CGIL e la FIOM CGIL di Taranto, il tema della decarbonizzazione era ed è la prospettiva industriale del futuro.
Un Paese come l’Italia senza la prospettiva industriale – dichiarano – è un Paese condannato alla povertà. Di questo il Governo ne è responsabile, perché non ha uno straccio di idea di politica industriale né qui né altrove.
Taranto è l’emblema di questa incapace e avventata politica, fatta di approssimazione e slogan. Perchè qui a Taranto è proprio il Governo, lo Stato, a non considerare minimamente il ruolo del sistema pubblico nella governance del rilancio della fabbrica e del progetto di decarbonizzazione, che sbandiera ma non sostiene.
Come sindacato non abbiamo mai creduto a questi bluff, ma ogni tavolo in cui si discute del futuro di migliaia di lavoratori è il nostro tavolo. Per questo non intendiamo fermarci e non ci rassegnamo all’idea che in un intero comparto produttivo scompaia nel nulla così come ogni singola famiglia, che direttamente o indirettamente, di quel lavoro vive.
Il lavoro per noi è sacro – concludono – esattamente come la vita e chi dice il contrario sa che la condanna al nulla è prossima se si rinuncia ad ambire a un modello industriale compatibile con entrambi.Questi temi sono alla base della nostra mobilitazione con le lavoratrici e i lavoratori dell’ex ilva in sciopero da domani.


