Il problema è la struttura societaria, fragile, disorganizzata, manchevole nei ruoli chiave. La gestione sportiva è lacunosa, la parte organizzativa ancora di più. Manca un medico che sia sempre presente al seguito della squadra. Manca un segretario competente, degno di tale qualifica, capace di conoscere e rispettare regolamenti e scadenze: il caso della squalifica di Nicola Russo in Coppa Italia, ricorso presentato fuori tempo massimo e considerato inammissibile, è la fotografia di un dilettantismo che non ci si può permettere
Tre gol non bastano, la rondine Loiodice non fa primavera. Il Taranto inciampa ancora. E lo fa nella maniera più amara: in casa, facendosi rimontare da un Novoli giovane, leggero, pieno di “under”, ma messo in campo con idee chiare e un’identità precisa.
Finisce 3-3, e a guardare la dinamica del match il rammarico è più che giustificato: avanti di due gol, i rossoblù si lasciano riprendere nei minuti finali da una squadra che non ha mai smesso di crederci. Un pareggio che pesa, e non poco: il Taranto ora vede la vetta, il Bisceglie, scappare a cinque punti di distanza, e persino il secondo posto (Brindisi) è lontano quattro lunghezze.
Altro che entusiasmo: il boato che aveva accompagnato l’arrivo dell’“acquisto di lusso” Loiodice si è trasformato in un brusio inquieto. Lo avevamo detto: una rondine non fa primavera. E nel calcio, un solo giocatore raramente sposta gli equilibri, a meno che non si chiami Maradona.
Loiodice, oggi, non ha brillato. Prestazione opaca, gambe che sembrano ancora lontane dalla condizione migliore. Colpi di fioretto, sì, ma attorno serve chi brandisce la spada. Senza un collettivo solido, senza meccanismi, senza sostanza, il talento rischia di rimanere un orpello decorativo. Bello da vedere, ma inutile a far punti.
L’attacco segna, la difesa affonda
Se davanti qualcosa funziona, e la rete splendida di Losavio lo conferma, dietro la situazione è desolante. Un reparto arretrato che pare una “banda del buco”, perforabile in ogni momento, privo di attenzione, qualità e malizia. Il terzo gol incassato è da cineteca al contrario: difensori saltati come birilli, uno dopo l’altro, e un portiere giovane che resta sospeso tra uscire e non uscire, confermando purtroppo le perplessità già espresse.
A centrocampo si lotta, ma spesso in inferiorità numerica, in affanno continuo. Il reparto nevralgico non filtra, non copre, non accompagna: ed è così che il Novoli, con semplicità, si infila tra le linee come nel burro.
Una squadra incompleta, una società ancor di più
Il quadro è chiaro: questo Taranto è una squadra monca. L’attacco vive di fiammate, ma mancano almeno due pedine di spessore dietro e almeno un elemento di ordine e sostanza in mezzo al campo. Urgono “under” veri, di qualità e rendimento, e probabilmente un portiere over che dia sicurezza.
Ma il problema più grande non è nemmeno questo. Il problema è la struttura societaria, fragile, disorganizzata, manchevole nei ruoli chiave. La gestione sportiva è lacunosa, la parte organizzativa ancora di più. Manca un medico che sia sempre presente al seguito della squadra. Manca un segretario competente, degno di tale qualifica, capace di conoscere e rispettare regolamenti e scadenze: il caso della squalifica di Nicola Russo in Coppa Italia, ricorso presentato fuori tempo massimo e considerato inammissibile, è la fotografia di un dilettantismo che non ci si può permettere.
Conclusione
Il Taranto è una squadra con ambizioni da grande, ma con fondamenta da piccola. Loiodice è un lusso, certo. Ma senza una struttura, senza una difesa all’altezza, senza una società che funzioni, resterà una rondine isolata. E lo sappiamo tutti: una rondine non fa primavera. E oggi, più che una primavera, allo stadio Italia di Massafra si è vista una squadra che rischia di restare ostaggio dei propri limiti.


