di Fabio Ranucci
La recensione dell’ultimo libro di Fabrizio Cicchitto, pubblicata su “Conquiste del lavoro”
Se nel 1921 a Livorno, al XVII congresso socialista, riformisti e rivoluzionari diedero vita a un’epica scissione dividendosi per sempre, dando il via a una inesauribile serie di contrasti mai risolti a sinistra, perché oggi, nell’incipiente 2025, si osserva con meraviglia un mondo ormai destabilizzato da una politica orfana delle ideologie e dalle tante guerre in corso? La risposta probabilmente è nell’ultimo e ampio saggio di Fabrizio Cicchitto. Socialista da sempre, una militanza di lungo corso nell’area riformista (entrò in Parlamento per la prima volta, da deputato, nel ’76) e soprattutto testimone di larga parte di ciò che racconta, Cicchitto spiega cosa è avvenuto in un secolo di storia esponendo tutto da una prospettiva diversa, la sua. La narrazione è scorrevole, priva di retorica commemorativa, da trama avvincente di un veritiero ed esauriente romanzo che racchiude vicende e analisi riportate, come recita appunto il titolo del libro, in modo controcorrente.
Certo, sono fatti e argomenti (ben 43) legati tra di loro in ordine cronologico: pagine che dimostrano perché i tanti protagonisti degli ultimi cento anni, moderati, nevrotici, democratici e altri citati da Cicchitto, compongono un unico mosaico che ha permesso all’autore, appassionato saggista, prolifico editorialista e divoratore di libri e giornali, di scrivere un’opera coraggiosa e allo stesso tempo coinvolgente la quale consente al lettore, anche a colui che approccia per la prima volta questo tema, di immergersi in un viaggio tra gli avvenimenti più significativi che hanno caratterizzato soprattutto il cammino spesso pieno di ostacoli dei socialisti. E non solo.
Si parte appunto dalla drammatica spaccatura di Livorno, che Fabrizio Cicchitto definisce “tragico controsenso”, “quando l’unica via per salvare la democrazia era quella di seguire la piattaforma programmatica proposta da Filippo Turati”, figura che all’autore appare di maggior rilievo con la sua proposta, il suo discorso in Parlamento per “Rifare l’Italia”.
Voce inascoltata da chi stava creando il Partito comunista e guardava con ammirazione alla Russia di Lenin. Passando per “La rivoluzione contro il capitale di Marx”, i totalitarismi e l’antifascismo di Matteotti, Rosselli e Nenni, per “La schizofrenia della III Internazionale”, per “La svolta di Salerno” ispirata da Stalin fino al fallimento del frontismo, agli anni Cinquanta con la rottura dell’unità di classe con i comunisti, in ritardo rispetto a quanto avvenuto nelle altre forze socialiste europee, del sostegno di Togliatti alla repressione sovietica in Ungheria nel 1956 e a tutto ciò che ha caratterizzato la politica non soltanto italiana dal secondo dopoguerra ai giorni nostri. Come ad esempio “Il decollo del centro-sinistra” con le riforme per superare il centrismo.
“Gli anni dal 1956 al 1963 – si legge nel volume – furono i migliori di Pietro Nenni”, anche perché “all’interno del Psi Riccardo Lombardi e Antonio Giolitti, all’esterno Ugo La Malfa, Mario Pannunzio, Bruno Visentini e altri con i convegni del ‘Mondo’, progettarono un programma di riforme che costituì la piattaforma del centro-sinistra. Si trattò dell’elaborazione di stampo riformista più organica e avanzata realizzata nella storia della Repubblica. Il centro-sinistra era l’unica via d’uscita all’involuzione del centrismo che, come dimostrarono i fatti di Genova nel 1960, poteva provocare anche pericolose avventure reazionarie: il centro-sinistra fu la scelta politica valida per disinnescare quei pericoli e per avviare il Paese verso un nuovo corso politico e programmatico”.
Ci furono poi “gli anni Settanta e la strategia della tensione”, il referendum sul divorzio del ‘74, l’ascesa di De Martino alla guida del Psi, il sequestro di Moro che portò, asserisce Cicchitto, “dalla strategia della fermezza alla politica dell’inerzia”; l’impegno di autonomisti e lombardiani per salvare il partito fino ai tanti personaggi e alle loro idee per il Paese. Berlinguer, Craxi, gli imprenditori “innovativi” quali Mattei e Olivetti, le inchieste di Mani pulite, l’avvento di Berlusconi e di Forza Italia fino alla crisi finanziaria e ai vari governi Monti, Renzi, Conte 1 e 2, Draghi e Meloni. Con giudizi spesso severi sugli ultimi trent’anni e su una classe politica che, si legge tra le righe, Cicchitto considera non all’altezza dell’e poca storica precedente alla caduta della Cortina di ferro. Sostenendo alla fine che nel nostro Paese, a differenza di altre realtà, non c’è stata alcuna “democrazia dell’alternanza” fra forze socialdemocratiche, riformiste e conservatrici.
Ogni parte del testo è scritta con la consapevolezza che dinanzi agli specchi della storia ciascuno può riconoscersi. Ma una trattazione a parte merita l’approfondito esame dei conflitti che infiammano il mondo, a partire dal Medio Oriente, da Gaza.
“Non ci si può nascondere dietro un dito: – afferma Cicchitto – siamo di fronte a un attacco all’Occidente sferrato in Ucraina e a Israele il 7 ottobre (2023, ndr), ma che si articola poi in molteplici vicende politiche e in una offensiva mediatica e culturale. Fino alla fase 1989-91, l’Occidente ha capito gli aspetti fondamentali del comunismo, dall’Urss (analizzata molto attentamente) alla Cina, compresa in modo parziale, avendo sempre il quadro generale della situazione. Però da quando è crollato il Muro di Berlino ed è caduto per implosione il comunismo in Russia e nei Paesi dell’Est Europa (e per certi aspetti anche in Italia), l’Occidente (gli Usa, le varie nazioni dell’Unione europea, la stessa Nato) ha colto sempre di meno i cambiamenti in atto e di fatto c’è stato un incredibile fraintendimento di quello che stava avvenendo”.
Tutto racchiuso in un libro nel quale Cicchitto sembra voler invitare a combattere una grande battaglia: quella per una vera riforma della politica, che cambi un sistema i cui rapporti di forza appaiono sempre identici, gli equilibri sono da ricostruire e le alternative sembrano non esistere. Con il rischio che tutto si fermi senza dar corpo, secondo l’ex parlamentare, alle speranze liberalsocialiste.