La scadenza decisiva si avvicina: Baku Steel, Jindal Steel e Bedrock in corsa per l’impianto siderurgico. Offerte da rivedere e sfide ambientali, occupazionali e tecnologiche nel cuore della trattativa
Si avvicina la scadenza decisiva per il destino dell‘ex Ilva di Taranto. Tre sono i principali contendenti che potrebbero rilevare il colosso siderurgico italiano: il gruppo azerbaigiano Baku Steel, l’indiana Jindal Steel e il fondo americano Bedrock. Le prime due società hanno mostrato particolare interesse, conducendo intense consultazioni con il management dell’azienda per valutare possibili rilanci delle loro offerte. Bedrock, invece, ha preferito mantenere un dialogo più diretto con le istituzioni romane.
La partita economica è cruciale: le offerte iniziali, tutte inferiori ai 500 milioni di euro, dovranno essere sostanzialmente riviste al rialzo, considerando che la valutazione degli asset da parte dei commissari si attesta sui 1,5 miliardi. Si parla di una soglia minima di un miliardo per considerare accettabile qualsiasi proposta.
Tuttavia, non è solo questione di numeri. Il piano industriale dovrà affrontare temi chiave come occupazione, livelli produttivi, sostenibilità ambientale e innovazione tecnologica. L’ipotesi di una cordata tra più investitori sembra complessa, soprattutto considerando le difficoltà di dialogo tra i gruppi indiano e azerbaigiano. Un elemento che potrebbe influenzare le strategie è la prospettiva di una possibile pace in Ucraina: la ricostruzione del paese richiederebbe enormi quantità di acciaio, aprendo interessanti opportunità di mercato. Questo scenario potrebbe anche riportare in gioco Metinvest, gruppo ucraino-olandese già presente nel panorama siderurgico italiano.
Parallelamente, si evolve il processo “Ambiente Svenduto” sul disastro ambientale dell’era Riva: dei 47 imputati iniziali ne restano 23, tra cui i fratelli Riva, l’ex governatore Vendola e alcuni dirigenti, mentre molti politici escono per prescrizione.