Tutti candidati per le Regionali. Parlamentari, sindaci, assessori. Decaro ha fatto scuola. Attenti, però. Quei pochi che ancora si recano a votare incominciano a stancarsi. Vitamine per la nostra democrazia
Siamo un popolo di santi, poeti, navigatori e… candidati. Tutti si candidano a tutto e al suo contrario. Non appena si palesa all’orizzonte un’elezione, qualsiasi essa sia, scatta la corsa – e la rincorsa – per un posto al sole, uno spazio in lista. Per un nuovo incarico da ricoprire, un’assemblea da occupare (e un’altra da mortificare). Una sorta d’ansia d’Istituzione in luogo dell’ansia da prestazione. Lasciamo quello per il quale siamo stati da poco eletti, tradendo il mandato elettorale, e offendendo quei pochi cittadini che ancora si recano a votare, per virare su altro. Lo ha fatto Decaro, europarlamentare da solo un anno. Lo stanno facendo tanti altri: parlamentari, sindaci e assessori persuasi dall’esempio offerto da Antò, mena. Una prassi democratica che indebolisce la democrazia, mortificandola nel suo vincolo più appariscente e sostanziale: quello della rappresentanza. Della delega offerta a qualcuno perché la rispetti e la onori. Della fiducia riposta.
Come si possa fare bene in un consesso, se scappi da quello dove sei stato appena eletto, è difficile da capire. Anche in un’epoca come la nostra, dove capire è un limite più che una virtù. Noi siamo il programma di noi stessi. Il nostro ego ha scacciato progetti, contenuti, suggestioni. Prima dei destini delle comunità, avanza l’io c’è. Il calcolo particolaristico che si dimentica di tutto il resto.


