Siedo, dunque sono. Che goduria restare in piedi quanto tutti gli altri vogliono sedersi. La prima fila come ascensore sociale per la sera dei miracoli. Quella dei Giochi del Mediterraneo presentati alla città
La prima fila come ascensore sociale. Il cogito ergo sum dei tempi moderni: siedo, dunque sono. Taranto replica il (mal)costume italiano, il provincialismo degli ultimi che vogliono sdraiarsi per primi. In anticipo su tutti gli altri nelle occasioni che contano, perché tutto possa ridursi in spazio da occupare. Perché l’orgia dell’apparire scompagini – e oscuri in maniera definitiva – l’eleganza del riccio. Pardon: dell’essere.
La presentazione alla città dei Giochi del Mediterraneo diviene l’occasione, l’ennesima, di un ego relegato sulla seggiola. Di una virilità che non sta in piedi. Con la prima fila infilata sotto il sedere delle nostre precarie biografie. Perché cosa potrebbe pensare nostra moglie se relegati dietro, in fondo, sull’ultima panca? Che valiamo poco, forse? Che non si viene calcolati abbastanza?
E il tronfio direttore di quel giornale che non legge nessuno, ma si crede depositario dell’informazione, carneade a sua insaputa? Invitato a sedersi in quarta – o quinta – fila, risponde stizzito: “Lei non sa chi sono io…”. E l’imprenditore dell’associazione datoriale tal dei tali? Anche lui vuole sedere tra le autorità per la sera dei miracoli. E i consiglieri: regionali, provinciali, comunali? Chi siede prima, chi dopo nella cacofonia istituzionale dei mezzi busti? Sbagli il posto assegnato e rischi che, il giorno dopo, si apra una crisi politica con richiesta di dimissioni del sindaco.
I senatori e gli onorevoli poi. Seduti davanti, bene, ok, ma a quale distanza dal ministro intervenuto per l’occasione? Uno, due o tre sgabelli? Allunghi oltremodo le distanze, e l’interrogazione parlamentare sull’argomento, può considerarsi già depositata alla Camera di pertinenza alla voce: “Chi mi ha tolto il seggio?”. Fosse una disciplina sportiva l’arte dell’apparire, il nostro medagliere sarebbe già ricolmo. Non trasformiamo i Giochi del Mediterraneo in una disputa tra calvi per accaparrarsi un pettine.