venerdì 28 Marzo 25

COMPAGNI DI CLASSE

La responsabilità di quanto avverrà a Taranto, con le prossime amministrative, nel bene e nel male, sarà tutta dei partiti. Basta con le Aule democratiche trasformate in uffici di collocamento. Basta con le liste riempite da soli residenti in condomini sovraffollati. E’ la qualità che indirizza la quantità, non viceversa

Questa volta sarà necessaria l’azione impettita dei partiti politici. La postura civica dell’intellettuale collettivo, per dirla con le parole di Antonio Gramsci. Nella scelta del candidato sindaco, nella composizione delle liste elettorali. Le democrazie arretrano, ripiegano su se stesse, si afflosciano quando la formula-partito annaspa. Confonde e si confonde. E la raccolta dei voti, l’ossessione del consenso a tutti i costi, prescinde dalla preoccupazione qualitativa della classe dirigente da selezionare. A cosa serve la vittoria se, poi, non si è in grado di governare? Se i programmi vengono stracciati dal ricatto quotidiano di eletti poco elevati. E la somma che fa il totale ti consegna all’inerzia d’interessi particolaristici.

Nella passata legislatura, quella appena conclusasi con la sfiducia inferta a Melucci, il sindaco era aguzzino e vittima al tempo stesso. Aguzzino di un progetto amministrativo sacrificato sull’altare del proprio trasformismo confusionario. Vittima di perdigiorno che, con richieste quotidiane, assurde, confondevano la punta del proprio dito con la luna da guardare in cielo. Se questo schema non dovesse mutare, se le aule consiliari non dovessero sganciarsi dalla funzione di ufficio di collocamento, ricoperta negli ultimi anni, puoi anche chiamare De Gasperi – o Moro – a fare il sindaco di Taranto ma servirà a poco. Cambierà quasi niente, alla fine. Ci ritroveremo di nuovo a commentare l’ennesima occasione mancata di una città sospesa, con fare masochistico, tra negligenza e intelligenza. Ricacciata nell’alveo dei talenti uccisi dai caratteri.

Robert Michels, uno dei maggiori studiosi degli organismi partitici, diffidava dalle derive oligarchiche degli stessi. Da logiche elitarie che non catturino il cuore, le passioni del popolo. Auspicava, per rompere questo meccanismo perverso, l’ascesa di un leader carismatico. Un candidato sindaco non ordinario per sfide straordinarie. Delle liste non riempite da soli residenti in condomini sovraffollati. E’ la qualità che deve indirizzare la quantità, non viceversa. Come c’insegna Kavafis, con i versi di una sua bellissima poesia: “Per quanto puoi: non umiliarla la vita/nella troppa familiarità con il mondo/, nel viavai della gente, nelle chiacchiere”. Già, per quanto puoi. E per quello che si potrà – e vorrà – fare con le amministrative di Taranto.  

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