Leggere l’intervista di questa mattina – sul Corriere del Mezzogiorno – del senatore e vicepresidente nazionale del M5S per capire come, alla politica, a questa politica, servirebbero corsi serali di Semiotica. Taranto non si nomina mai
Dalle cose turche alle cose Turco il passo può rivelarsi breve. Persino più corto di un passo felpato, più impercettibile di un passo per volta, più anonimo del passo che mai dovrebbe sopravanzare la gamba. Chi volesse trovare conferma su quanto da noi sostenuto, potrebbe leggersi l’intervista pubblicata questa mattina, a firma di Francesco Strippoli, sul Corriere del Mezzogiorno. Le rispose fornite dal senatore Mario Turco, pardon dal vicepresidente nazionale del M5S, si presterebbero ad un corso serale di Semiotica. Con i segni pronti a sfidare a duello i significati. E va bene che pur di non definirsi di sinistra, socialista, è divenuta abitudine parlare di un indistinto progressismo nel nostro Paese. Ma chi ha letto Leopardi – e La ginestra – sa quanti equivoci possano celarsi nella magnifiche sorti e progressive. Come le scatole vuote, per quanto ben infiocchettate, manchino (quasi) sempre l’appuntamento con i contenuti. E non abitare le parole deturpi in profondità il linguaggio. E va bene – anzi no, va male – che un parlamentare tarantino intervistato non avverta l’esigenza di spendere mezza parola, che sia mezza, su quanto va consumandosi da tempo nella sua città natale. Sul trasformismo che ha adulterato le regole del gioco democratico. Sulla commedia dell’arte che, sfrattata dal teatro, ha trovato stabile dimora in altre Aule. Sull’ex Ilva che immaginavamo potesse divenire un parco giochi e, invece, inquina ed ammala senza soluzioni di continuità.
E va bene che chiusa, l’altro ieri, l’assemblea costituente del M5S bisognerà tornare a votare per il giorno dell’Immacolata perché la noia ama accompagnarsi – e frequentarsi – con la noia. Va bene tutto nelle cose turche che divengono cose Turco. Ci mancherebbe. Va bene persino che il senatore, pardon il vicepresidente nazionale del Movimento che volle farsi partito, possa ambire ad una candidatura prestigiosa. Quella, per esempio, che conduce dritto alla presidenza della Regione. Lui, Turco intendiamo, tarantino. L’altro, Decaro, barese. Entrambi piuttosto afoni quando ci sarebbe da proferire parola su Taranto. Più cose Turco di così si muore. E siamo solo agli inizi.