Le consultazioni regionali in Puglia segnano la vittoria del nulla omologante. A sinistra, a destra, regna l’inferno dell’uguale. La deriva da Centro per l’Impiego della democrazia rappresentativa
Manca all’incirca un mese per le consultazioni regionali pugliesi, ma nessuno se n’è accorto. In giro si respira un’aria morta. Greve. Da protagonismo finto. Questa campagna elettorale passerà alla storia come tra le più noiose che si ricordino. Passioni inesistenti. Programmi e progetti da cercare a “Chi l’ha visto?”. Candidati che rammentano la radice quadrata di zero. Tutto il dibattito ruota, con fare desolante, sulle liste. Chi si candida? Chi non si candida? Con quale partito o raggruppamento civico? Una sorta di deriva da Centro per l’Impiego della democrazia rappresentativa. Si promette lavoro, sì, ma a se stessi. Perché quello che un tempo si diceva a proposito del giornalismo, oggi vale anche per la politica: sempre meglio che lavorare.
Tanto la sinistra che vincerà, quanto la destra che perderà, sembrano incamminate lungo il sentiero dell’inconsistenza. Una sorta di omologazione precipitata verso il basso. L’inferno dell’uguale, per dirla con le parole di Byung-Chul Han. Con il pensiero – e i ragionamenti – divenuti clandestini in casa propria, estranei a noi stessi. Non un’idea sulle urgenze del tempo. La denatalità che aumenta e getta nello sconforto società sempre più vecchie. La crisi climatica. L’inganno ambientale. La povertà educativa. I nodi infrastrutturali. L’emigrazione del sapere. La dissoluzione dell’ecosistema culturale. Le nuove fobie sociali. Il dominio dell’informazione che si spaccia per libertà.
Non appena varchi la porta d’ingresso delle ovvietà, delle banalizzazioni veicolate dalle agenzie di comunicazione, la nostra politica si ritira. Si ritrae nella garitta dalla quale proviene. La Puglia avrebbe meritato altro. No elezioni tristi per un coito modesto. Il massimo dell’erotismo al giorno d’oggi.


