Corre Melucci, veloce, spedito, verso i due Matteo. Per fare cosa? Per imprimere, forse, l’ennesimo moto inerziale alla propria parabola politica. Tutto ebbe inizio con la “Ruota della fortuna” di Mike Bongiorno
Da Matteo (Salvini) a Matteo (Renzi) senza soluzione di continuità. Il sindaco di Taranto Lega con tutti e slega con molti. Oltrepassa gli schieramenti con la sicumera dell’apolide politico. Destruttura il possibile, struttura il probabile. Incontra il vicepremier a Roma, verifica la possibilità di ampliare il perimetro della sua maggioranza al partito che fu di Umberto Bossi e Gianfranco Miglio. E, in egual misura, dice di essere un iscritto di “Italia Viva”, la morente formazione politica dell’altro Matteo. Franza o Spagna, insomma, purché nessuno se magna la Magna Grecia. O quel che resta di una civiltà rimossa, offesa dal protagonismo dei perdenti. Corre Melucci, veloce, spedito, verso i due Matteo. Imprime un moto inerziale alla propria parabola politica. Legge il Vangelo secondo Matteo per esorcizzare il (Nuovo) Testamento di una stagione pubblica che ha imboccato l’ultima curva prima d’imbattersi nei titoli di coda.
La Lega, con il suo consigliere comunale, entrerà in maggioranza? Stellato rinuncerà a chiedere un assessorato, pago del fatto che il sindaco conservi in tasca la tessera di Italia Viva? Quanto importa di Taranto, alla fine, ai due Matteo? Può un primo cittadino saltellare da sinistra a destra, da destra a sinistra, coltivando ambizioni personali in luogo di un’idea spendibile – e duratura – di comunità? Domande che rincorrono altre domande, domande calciate fuori dal rettangolo di gioco, domande respinte dalla pochezza di risposte varie ed eventuali. Matteo (Salvini) e Matteo (Renzi) parteciparono, entrambi, alla “Ruota della Fortuna”: il programma televisivo condotto da Mike Bongiorno. Si fosse chiamato Matteo, Melucci avrebbe potuto raggiungerli lì. Parlare loro in un solo colpo. La ruota gira per tutti.