Non è solo l’acqua di alcune fontane cittadine a scarseggiare. A sporcare, inaridendo, i monumenti locali. Manchiamo di tenuta civica, di anticorpi morali. Di prospettive politiche. Avanzano strambe rivoluzioni conservatrici
Nell’acqua che scarseggia quando invece dovrebbe concorrere a decorare ed abbellire, nell’abbandono che diviene un tutt’uno con luoghi iconici della città, la Concattedrale, Piazza Ebalia e la sua fontana denominata ‘rosa dei venti’, alcuni slarghi dell’Isola, si comprende molto della Taranto di questi ultimi anni. Della siccità morale e culturale che sembra, indisturbata, attraversarla. Consumarla dal profondo di una tenuta etica ormai inesistente. Di una moralità emigrata altrove. Di una progettualità politica inaridita dallo schiamazzo perpetuo di strambi personaggi in cerca d’autore. Diventano anonimi i monumenti, trascurati, isolati dal contesto urbano circostante perché, parallelamente, avanza il brutto. La grazia claudicante. Nel gesto dei propri compiti. Nell’armonia del pensiero. Nelle menzogne che sporcano la sicumera della verità. Come dice Amin Maalouf, un acuto scrittore libanese, le rivoluzioni conservatrici hanno la colpa di non rivoluzionare niente e conservare poco. La rivoluzione conservatrice di Taranto, invece, perpetra il vecchio spacciandolo per nuovo. Confonde il bene pubblico con l’aspettativa privata. E si abbevera nei pozzi avvelenati dell’impunità. Celando – e celandosi – negli interessi reticolari, opachi, ingrumìti, distribuiti da confraternite della pizzella in servizio permanente effettivo.
C’è un governo indisturbato alla base di questo stato di cose. E un’opposizione politica ed istituzionale, al pari di chi dovrebbe vigilare dall’esterno, esercitare compiti di controllo democratico, di rispetto della legge, anestetizzata nella comfort zone del proprio ruolo e tornaconto personale. La nostra democrazia cittadina è malata, azzoppata, senza regole. Confusa e (in)felice come canta Carmen Consoli. Ma non conviene dircelo, e dirlo, in giro. Con i tempi che corrono. Con le fontane a secco, siccitose. Con l’acqua che ci è stata tagliata. Con i monumenti mortificati, denudati. Non più simboli, ma simbolici della bellezza che fu.