mercoledì 9 Ottobre 24

L’uomo delle stelle

Taranto più siliconata che Silicon Valley, nonostante il racconto-velina di Melucci restituito dal solito giornale barese con ambizioni governative. Con Fitto? Con Salvini (e il senatore Marti)? Un ritorno con Emiliano? La risposta è possibile trovarla in una canzone di Giorgio Gaber

Nato a sinistra, voltatosi a destra, accarezza l’idea di un ritorno nei luoghi natii. Per Melucci di certo c’è solo l’incerto. Del bianco è possibile scorgere soltanto il nero. E la convergenza, per dirla con le parole di Moro, si risolve in due rette parallele. Con Emiliano e con Fitto, con Salvini, con il senatore Marti, destinatario nel capoluogo jonico di preferenze da prefisso telefonico alle ultime consultazioni europee, cambia poco. Quasi niente. Tutto si tiene, come ci ha insegnato Giano bifronte. Nonostante lo iato che si frappone tra le parole pronunciate e le azioni perseguite. E’ l’uomo delle stelle di Giuseppe Tornatore, il sindaco di Taranto. Cerca attori e attrici per film che mai verranno realizzati. Scrittura il possibile e l’improbabile. La pellicola è trasparente, ma la visione è negata sul nascere. Nonostante le ormai inveterate comparsate pubblicate dal solito giornale barese con ambizioni governative. Melucci editorialista risulta persino meno convincente del Melucci sindaco. Più impacciato. Più divisivo nel suo linguaggio stereotipato. Con giornalisti che scrivono di politica cittadina sullo stesso foglio e, senza soluzione di continuità, risultano stipendiati da società partecipate da Comune e Provincia. Evviva la terzietà. Evviva l’Ordine dei giornalisti. C’è vita su Venere!

Ha ragione Byung-Chul Han, forse il maggior filosofo vivente, quando discorre di un’informazione additiva che non contempla speranze narrative. Sempre collegata e mai legata. Una profanazione delle lettere che relega il mondo fuori dal senso. Taranto come la Silicon Valley? A leggere la velina dell’altro ieri sembrerebbe proprio di sì. In realtà, non è così. La città dei due mari è una valle siliconata, tutt’al più. Sorretta da protesi e improvvisatori di professione. La nostra start-up si chiama indolenza. La strategia, poi, è un surrogato del tatticismo esasperato. Cos’è la destra, cos’è la sinistra?, si chiedeva Giorgio Gaber in una sua famosa canzone.  Avesse conosciuto Melucci lo avrebbe saputo. “È la passione, l’ossessione della tua diversità/Che al momento dove è andata non si sa”.

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