Giornali e tv mainstream hanno raccontato il capoluogo jonico come una realtà minore tra quelle chiamate al voto domani e dopodomani. Un errore imperdonabile. Da ripetenti in geografia politica, iscritti alle scuole serali. Paghiamo la marginalità delle nostre infrastrutture culturali. I significativi versi di Rocco Scotellaro
Per la grande stampa nazionale, tv e giornali mainstream, Taranto è finita in coda. Fondo del barile senza alcun rischio che il barile si potesse raschiare. Delle quattro città capoluogo chiamate al voto, nelle giornate di domani e dopodomani, è quella meno citata. La più anonima, nonostante la sua vicenda dica altro. La più marginale nell’ondivaga centralità municipalistica italiana. La meno raccontata e analizzata. Passi per Genova, la superba, in ossequio al suo passato di Repubblica marinara, ma venire dopo Ravenna e Matera rischia di rivelarsi un errore da principianti. E ripetenti alle scuole serali in geografia politica. Neppure un manipolo di tarantini fattisi largo in Rai, con merito e con la destra arrivata nel frattempo al governo del Paese, ha mutato questo stato di cose. Dando a Cesare quel che è di Cesare. E a Taranto il ruolo – e l’importanza – di seconda città più rilevante tra quelle chiamate a rinnovare i propri organismi amministrativi in questa tornata elettorale.
Scarsi in geografia, dicevamo. Ma ampiamente insufficienti anche nell’informazione, nella divulgazione di fatti e circostanze. In una comunicazione interessata, ma non interessante. Prezzolata e prezzemolo ogni minestra in egual misura. Neanche l’Ilva, la modernità produttiva e i diritti su opposte barricate qui più che in qualsiasi altro luogo del pianeta, il porto potenzialmente più strategico del Paese, con e senza patente nautica, un museo tra i più significativi, se non il più significativo del Mediterraneo, hanno reso giustizia a Taranto. Dopo Genova. Dopo Ravenna. Dopo Matera. Si fosse votato anche a Morterone, il più piccolo comune italiano, in provincia di Lecco, saremmo venuti dopo egualmente. Le nostre infrastrutture culturali sono deboli, il nostro soft power è inesistente. La nostra utilità marginale si marginalizza. Rocco Scotellaro ci viene in soccorso con i suo versi per descrivere la sempiterna anomalia tarantina: “E’ un ritratto tutto piedi/da questo vano dove si balla”.