martedì 15 Ottobre 24

Taranto, una città alla rovescia

I trasporti che non ci sono, la borghesia parassitaria, la politica che non sa andare oltre il selfie-made man, il calcio che muore, il giornalismo che è già morto. Per capire la più sudamericana delle città pugliesi bisognerebbe leggere uno scrittore argentino dalle chiari origini italiane: Ernesto Sabato

Periferica. Estraniata. Fobocratica (il potere che fa leva sulle paure più ancestrali delle popolazioni residenti). Mancante sempre di una parte perché possa completarsi l’intero. Taranto è così da sempre: pericolante, instabile per diletto, vocata alla delazione. Alla promiscuità degli ultimi. Allo spergiuro degli odiatori seriali. Pregna di potenzialità enormi, più di qualsiasi altra città pugliese, ma deludente nella resa. Compromessa nel risultato da conseguire. Orfana di un progetto, il suo orizzonte massimo si schiude con la pratica del tirare a campare. Nella politica, nell’economia, in quel che rimane di un sistema dell’informazione locale, nello sport, nella cultura – o presunta tale – che vive grazie ad affidamenti diretti da parte dell’ente comunale a suon di diverse decine di migliaia di euro, la solfa è sempre la stessa. La musica non cambia nell’ascolto di note afone. Il copione è una recita a soggetto dei soliti soggetti. Ci tolgono i treni, non abbiamo un aeroporto, può averlo Foggia (oltre Bari e Brindisi) ma non Taranto, vorrebbero portarsi via l’Autorità di sistema portuale, l’autostrada termina a Massafra, perpetrando da diversi decenni la maledizione dell’ultimo miglio d’infrastrutture rivelatesi nient’altro che infra-storture. Non abbiamo un’università degna di questo nome, autonoma, con piani di studio originali in grado di saldare la storia e la modernità di una grande capitale del Mediterraneo con le direttrici del mercato e i desiderata dei suoi animal spirits. Siamo l’unica realtà urbana di quasi 200 mila abitanti in Italia a non aver mai espresso la locale squadra di calcio in un campionato di serie A. L’ex Ilva è un carrozzone delle opportunità mancate, fedigrafa con i suoi piani industriali farlocchi. I Giochi del Mediterraneo, rispetto alle Olimpiadi invernali di Milano Cortina, sono i parenti poveri di una famiglia disgregata e litigiosa.

L’indice delle presenze turistiche nell’area jonica risulta non pervenuto, nonostante si annoveri un assessore regionale di questi luoghi alle politiche di settore. La nostra borghesia è parassitaria, indolente e inconcludente; si accontenta di avere il posto barca presso qualche porticciolo cittadino perché di contenitori, privi di contenuti, si può anche morire. Della politica – e dei suoi rappresentanti – abbiamo detto tutto e il contrario di tutto. Scritto migliaia di articoli, dilapidato chilometri d’inchiostro. Oltre il selfie-made man non sa andare. Coltiviamo un centro di gravità permanente nel fallocefalo: in persone sciocche e sprovvedute, promosse nei posti di comando. Taranto la sudamericana, calata al centro del mediterraneo, ricorda i versi di Ernesto Sabato: “Il mondo non può nulla contro un uomo che canta nella miseria”.

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