Fa piangere più che ridere il Consiglio comunale di Taranto. A sostenere Melucci c’è ormai una maggioranza che sa di minoranza. La vecchia coalizione di centrosinistra non esiste più. Regge l’accordo con il ministro Fitto
Diciassette consiglieri mandarono a casa Melucci nella scorsa legislatura, raccogliendo le firme dinanzi ad un notaio. Sedici consiglieri, ieri pomeriggio, lo hanno mantenuto in vita approvando il Bilancio di Previsione. Numeri che rendono un numero l’assemblea cittadina. Numeri che si assottigliano e operano per sottrazione. Numeri che si raccolgono e ci raccontano cosa sia ormai divenuto il Consiglio comunale di Taranto. Né più, né meno che un grande Zelig: un non-luogo, la palestra desolante – e rissosa – delle personalità multiple, degli individui che si adattano e scelgono come operare a seconda delle particolarità e dell’ambiente circostante. Tolta la coerenza, smessi gli abiti della dignità, ripudiata nel cestino della spazzatura la progettualità, la politica intesa come espressione alta del bene collettivo, è ormai schiava di appetiti e arrivismi personali. Di numeri legali che, regolamento alla mano, tradiscono il normale funzionamento dialettico insito in una moderna democrazia rappresentativa. Di eletti che voltano le spalle ai propri partiti e organizzazioni politiche. Di Bilanci da approvare con la minoranza dei presenti in Aula, operando una sorta di questua disdicevole e disperata che disonora – e umilia – le istituzioni.
Definire cosa sia oggi la maggioranza/minoranza che tiene ancora in vita l’Amministrazione Melucci è operazione difficile e semplice al tempo stesso. Difficile perché la pratica trasformistica in atto è lungi dall’essersi esaurita. Ieri, da alcuni comportamenti assunti dalle opposizioni, è emerso chiaramente come Melucci abbia un accordo politico con il ministro Fitto. Accordo che non riguarda i soli Giochi del Mediterraneo. Come Stellato, e i suoi, nonostante l’abiura pronunciata contro Italia Viva, non si sposteranno di un solo millimetro dal perimetro di quel che resta della maggioranza consiliare. Come la rottura con Emiliano, e con i partiti che componevano la vecchia coalizione di sinistra (Pd, M5S e Verdi), sia ormai definitiva. Semplice perché la lettura dell’esistente è di facile, facilissima comprensione. Il gettone di presenza – e gli aumenti rilevanti dal primo gennaio degli emolumenti per gli amministratori – hanno vinto su tutto il resto. Le indennità al posto delle idealità. La politica ridotta a Zelig della miseria umana.