di Fabrizio Guacci
Pensare a quanto sta avvenendo nel conflitto israelo-palestinese e riesumare la formula dei “Due Popoli, Due Stati” sembra quasi anacronistico, oltre che semplicistico. Gaza è devastata e vive sotto il ricatto politico e violento di Hamas, e Israele non ne vuole sapere di trovare una tregua con i terroristi
Nel cuore dell’Asia meridionale, settantotto anni fa, prese forma un esperimento: la teoria dei “Due Popoli, Due Stati, Due Religioni”, si concretizzò nella divisione del subcontinente indiano. Nacquero così India e Pakistan, separati da una linea tracciata con troppa fretta e senza le necessarie basi per reggere il peso della storia. Due Popoli segnati da divisioni nette: l’India, laica ed a maggioranza induista; il Pakistan, islamico fin dalla sua concezione. Il risultato è stato drammatico: milioni di sfollati, massacri, guerre ricorrenti, terrorismo, un conflitto latente mai completamente sopito.
Il Kashmir è diventato non solo una frontiera contesa, ma l’epicentro di un’irrisolta frattura identitaria. La logica della Two-Nation Theory ha cristallizzato le ostilità e alimentato una retorica di inimicizia perenne. Oggi, a distanza di decenni, l’India ed il Pakistan sono vicini ad una nuova escalation e sono entrambi armati di ordigni nucleari.
Guardando da questa prospettiva, pensare a quanto sta avvenendo nel conflitto israelo-palestinese e riesumare la formula dei “Due Popoli, Due Stati” sembra quasi anacronistico, oltre che semplicistico. Gaza è devastata e vive sotto il ricatto politico e violento di Hamas, e Israele non ne vuole sapere di trovare una tregua con i terroristi.
Il parallelo con il Kashmir non è solo retorico, in entrambi i casi si tratta di territori contesi, intrisi da connotazioni religiose. Come nel sub-continente indiano, anche in Medio Oriente la frammentazione identitaria è stata strumentalizzata, usata come leva politica e bellica da chi ha tutto l’interesse a mantenere lo status quo. La verità è che senza una reale volontà di costruire un processo di riconciliazione e di convivenza, il modello dei Due Stati finirebbe per essere fallimentare anche nel Mediterraneo.
La lezione indio-pakistana non è servita: non basta dividere per pacificare; le linee tracciate con il righello sulle mappe non sanano ferite, non cancellano odio, non costruiscono ponti. Senza un lavoro profondo culturale sulle società la “Two-Nation Theory” rischia solo di moltiplicare il conflitto. La “Partition” del 1947 doveva essere una soluzione, ma si è trasformata in una condanna. E Gaza, oggi, non può permettersi di seguire lo stesso destino.