Sull’ex Ilva tutti capiscono non capendo un fico secco. Il presidente degli industriali fa il sindacalista. Bernabè si siede nel salotto televisivo della Gruber e rilascia incomprensibili interviste al Corriere della Sera. La Morselli dovrebbe tagliare teste in un luogo dove le teste scarseggiano. Il sindaco, nonostante il carattere non lo aiuti, fa quel che può. Il sistema è impazzito. Ma non da oggi
E’ una recita a soggetto. Ognuno si tiene stretto la propria parte, il suo spartito. Siamo al cospetto di un Quartetto Cetra dalle sonorità alterate. Un rumore sordo, proprio come le varietà del silenzio insegnateci da John Cage. L’ex Ilva ricorda un calmiere dei prezzi impazziti. L’inflazione della parola stereotipata nello zero assoluto. Il niente che si presenta ad una festa da ballo pur non essendo stato invitato. Gli industriali fanno gli industriali nonostante i distinguo di Toma, unico presidente al mondo di un’associazione di industriali ad inseguire i sindacati invece che i propri associati. Il sindaco fa quel che può. Coniugare l’ecologismo, quello serio, e non quello disfattista di un certo ambientalismo talebano, assai di moda nel nostro Paese, con il populismo senza semantica di Michele Emiliano, è operazione tutt’altro che semplice. Bernabè, presiede la parte pubblica dell’ex Ilva, quella pronta con il nuovo decreto legge varato dal Governo ad aumentare il proprio capitale sociale, nonostante permanga il sequestro giudiziario degli impianti, oltre a rilasciare incomprensibili interviste al Corriere della Sera e sedersi nel salotto televisivo della Gruber (un giorno ci verrà spiegato come abbia fatto Umberto Cairo a comprare il giornale di Via Solferino e La7 senza uscire un centesimo dalle proprie tasche) non sa fare. La Morselli è una tagliatrice di teste capitata nel posto sbagliato, cosa tagli se non hai teste (pensanti) neanche a cercarle con il lanternino? In compenso hai teste di cazzo, tante teste di cazzo, quante ne vuoi. L’industria va avanti – o indietro – nonostante i suoi protagonisti. Sarà così ancora per diversi anni. Sino a quando lo Stato metterà i soldi perché, in alternativa, non saprebbe cosa fare. La dinamica è di lungo periodo, pur mancando i presupposti su cosa dovrà essere fatto nei prossimi mesi. Non esiste un Piano industriale. Non esiste un progetto. Non esiste una visione. Max Weber avrebbe invitato a cercala al cinema questa introvabile visione. Non esiste il Quartetto Cetra. Quello che c’è recita a soggetto. E ripropone un avanspettacolo dalla goffa sceneggiatura. Consci del fatto che le immagini della memoria, una volta fissate con le parole, si cancellano.