di Armando De Vincentiis
La psiche dell’individuo non viene presa in considerazione. Così come non si considera la psiche dei parenti, che inevitabilmente si trovano a spendere enormi cifre per specialisti privati o ad assistere impotenti al peggioramento del proprio caro
Qual è l’impatto psicologico di certi paradossi della sanità sulla gente? A volte il sistema sanitario sembra dimenticarsi completamente che la salute passa prima di tutto dalla nostra mente, o meglio dalla percezione e interpretazione del mondo circostante, filtrato dal nostro sistema di elaborazione delle informazioni (psiche e cervello). E, il più delle volte, si ha la percezione che il sistema sanitario, che sicuramente svolge un lavoro di prevenzione, diagnosi e cura, non si occupi di accudire e confortare l’utente sotto l’aspetto umano.
E quando ce ne accorgiamo? Quando, davanti a un sintomo o a una probabile diagnosi fornita dal medico di famiglia e da confermare presso uno specialista, ci si trova di fronte a un’esperienza comune che tutti in Italia, soprattutto al Sud, hanno vissuto. Ossia, ci si sente dire dagli operatori del CUP che quella visita sarà disponibile il prossimo anno, quando va bene, o tra due o tre anni nei casi più assurdi (che sono tanti), a meno che non si scelga il privato.
Ed è proprio in quella occasione che lo stesso sistema sanitario fa aumentare i nostri livelli di stress, dettati dalla frustrazione di dover aspettare chissà quanto, con il rischio di arrivare alla visita con una situazione ancora più grave. A chi si dovrà attribuire la responsabilità? Si obietterà dicendo che esistono codici di urgenza. Tuttavia, la scelta delle urgenze appare piuttosto discutibile.
Oltre a una eventuale neoplasia (che ha diritto all’urgenza), vi sono patologie molto invalidanti, come la cataratta, che non godono di tale diritto. È come se permettere a un paziente di vedere e vivere dignitosamente, senza dover farsi accompagnare o evitando di essere incapace di attraversare la strada, non fosse urgente tanto quanto un’altra patologia grave. Per non parlare, dopo la visita fatta chissà quando, dei tempi di attesa per l’intervento. Altro giro altro stress!
Si decide, quindi, cosa è grave e meno grave, ignorando il reale disagio di un individuo, con la conseguenza di un aumento dello stress e un ulteriore aggravamento delle sue condizioni. Oggi il paziente non solo deve convivere con il disagio causato dalla sua condizione, ma deve anche affrontare la disorganizzazione, la burocrazia e le scelte arbitrarie di un sistema che decide che per alcuni gravi problemi non debba esserci urgenza.
La psiche dell’individuo non viene presa in considerazione. Così come non si considera la psiche dei parenti, che inevitabilmente si trovano a spendere enormi cifre per specialisti privati o ad assistere impotenti al peggioramento del proprio caro. Come psicologo, mi sono sempre chiesto se gli stessi operatori non provino imbarazzo nel dover esporre certe realtà ai pazienti.
Quando un anziano chiede una visita al CUP e l’operatrice o l’operatore, che ovviamente non ha alcuna responsabilità, risponde con una certa nonchalance che il prossimo posto disponibile sarà a novembre di due anni dopo, non prova una certa difficoltà nel dare quella notizia a chi sta già lottando con la vita e con una natura che, in quel momento, non si dimostra affatto clemente con la persona?
Purtroppo sto parlando di una realtà che tutti viviamo, ma che sembra accettiamo quasi con rassegnazione, senza fare nulla. Mentre ci si mobilita, scendendo addirittura in piazza, per sostenere un partito politico o delle scelte ideologiche, siamo totalmente passivi nell’accettare che, se colpiti da una malattia, dobbiamo anche affrontare la frustrazione di un sistema che non è affatto tempestivo e che ci mette nelle condizioni di scegliere tra pagare o attendere che il problema si aggravi.
Sembra di ricordare le scene del film L’enigmista, che ti pone di fronte a scelte estreme con il quesito: ‘vivere o morire, a te la scelta’. Nello stesso modo ci si trova di fronte alla stessa scelta: vai dal privato o peggiori, a te la decisione. Intanto noi psicologi ci troviamo ad affrontare e contenere sia i disagi psicologici di cui si fanno portatori i pazienti ma anche quelli provocati dal sistema, che dovrebbe fare proprio il contrario.
Tutto ciò è molto triste e contribuisce a peggiorare anche la salute psicologica dei pazienti e dei loro familiari. Tuttavia davanti ad una legittima lamentela sembra che ci se ne freghi della psiche. E anche se non ci vedi… pazienza!