di Francesca Leoci
Uno studio pionieristico condotto dall’ospedale di Negrar apre nuove prospettive per le persone cieche e ipovedenti, offrendo loro una possibilità di riacquistare la vista
La vita di un cieco o di un ipovedente è spesso avvolta da un alone di mistero. Come percepiscono il mondo? Quali sensazioni avvertono? Come interagiscono con un ambiente che sembra sempre troppo distante? La cecità è una condizione che cambia radicalmente il modo di vivere di ogni individuo che ne è affetto. Tuttavia, grazie all’evoluzione nella ricerca scientifica, nuove speranze si aprono per coloro che soffrono di cecità o di problemi visivi.
Le malattie che colpiscono la retina dell’occhio possono essere determinate da molteplici fattori, tra cui l’età, il diabete, le miopie elevate, l’ipertensione, la predisposizione genetica e fattori ambientali come l’eccessivo consumo di tabacco o la sovraesposizione alla luce solare.
La funzione della retina dell’occhio è sostanzialmente quella di captare gli stimoli luminosi provenienti dall’esterno e trasformarli in segnali nervosi che il nervo ottico trasmette al cervello. Quando questa funzionalità viene meno, la capacità visiva dell’individuo si riduce, parzialmente o totalmente. I pazienti affetti da patologie alla retina avvertono solitamente una visione torbida, la visione di una macchia nera in grado di mutare dimensione, lampi di luce o persino presenza di ombre e limitazione del campo visivo.
In Italia, la dott.sa Grazia Pertile, direttore dell’Oculistica dell’ospedale Sacro Cuore Don Calabria di Negrar, presentando una nuova tecnica innovativa che mira a contrastare gli effetti di malattie come la retinite pigmentosa e la degenerazione maculare. Tra i vari settori di ricerca più entusiasmanti della struttura ospedaliera, c’è proprio quello della retina artificiale liquida.
“E’ un progetto che mira a poter dare almeno parte della vista a delle categorie di pazienti che hanno una cecità perlomeno legale, se non completa”, spiega Pertile illustrando il nuovo approccio sperimentale meno invasivo e più performante di altre strategie già esistenti.
“Andiamo a sfruttare un polimero fotovoltaico”, aggiunge. Basti pensare come le sostanze voltaiche raccolgono luce e la trasformano in energia elettrica: in modo analogo, se queste vengono iniettate sotto la retina, raccolgono la luce per poi trasmettere un impulso al nervo ottico, sostituendo quelle cellule fotorecettoriali che fanno la stessa cosa naturalmente nel nostro occhio, ma che in alcune patologie sono state danneggiate.
È possibile farlo in due modi: inserendo un mini pannello fotovoltaico sotto la retina che tuttavia copre un’area molto limitata, oppure – in maniera più diretta ed efficace – optando per una retina artificiale liquida, nonché l’ultima tecnica studiata del team del Negrar.
Si tratta dello stesso materiale che viene iniettato, ma che viene distribuito su un’area molto più ampia. “Una soluzione adatta soprattutto per quei pazienti che hanno una patologia più diffusa su tutta la retina – quindi non in una zona geolocalizzata – a cui viene data in questo modo una copertura maggiore di questo stimolo e un recupero maggiore della vista”, conclude la dott.sa Pertile.