Molti proclami, pochi fatti. Il Taranto costretto a rincorrere il gruppo di testa anche in un campionato dilettantistico come l’Eccellenza. Non s’insegue il risparmio in una piazza con il blasone come quella jonica
Taranto, il tempo delle promesse è finito. Da mesi la piazza tarantina attende risposte. Attende un progetto, una direzione chiara, un’identità societaria riconoscibile. Attende, soprattutto, che la proprietà e la dirigenza si dimostrino all’altezza delle ambizioni dichiarate. E invece, il tempo scorre e il divario, tra ciò che viene promesso e ciò che viene realizzato, continua ad allargarsi, in modo ormai difficile da ignorare.
La percezione diffusa tra tifosi e addetti ai lavori è che S.S. Taranto 2025, oggi, viva in una perenne fase di transizione, sospeso tra annunci e rinvii, tra slogan motivazionali e risultati che non arrivano. La sensazione, legittima e sempre più radicata, è che la società abbia costruito un organico non adeguato per puntare con decisione alla vittoria del campionato. Una squadra assemblata al risparmio, carente in ruoli chiave, priva di profondità tecnica e di quella qualità indispensabile per imporre una vera candidatura al vertice.
Una struttura societaria confusa
A preoccupare non è soltanto il campo, ma ciò che gli sta dietro. La struttura societaria appare sovradimensionata nei titoli e sottodimensionata nelle competenze. Tanti nomi, tanti ruoli, poche presentazioni ufficiali, ancora meno chiarimenti alla città su responsabilità, competenze e obiettivi.
Figure come Camicia e Bitetto non sono mai state introdotte alla piazza con la trasparenza che una comunità sportiva adulta merita. Il risultato è un clima di opacità che alimenta dubbi e incertezze.
Le critiche ricorrenti che il tifo rivolge a Bitetto, figura ibrida con il diploma di allenatore e direttore sportivo “facente funzione”, nascono proprio da qui: da una percezione di improvvisazione nelle trattative, da un mercato ritenuto insufficiente e da un’attività di scouting giudicata inadeguata. Sono valutazioni dure, ma che riflettono un malessere oggettivo di larga parte dell’ambiente.
Una proprietà che parla molto e mostra poco
Il capitolo più complesso riguarda però la proprietà. Le promesse ,“faremo”, “presenteremo”, “dimostreremo”, “creeremo”, si moltiplicano da mesi, ma alle parole non segue mai un piano industriale chiaro, pubblico, dettagliato. La comunità tarantina ha ascoltato più volte l’invito a “stare vicini e avere fiducia”, ma la fiducia non si costruisce con gli slogan: si costruisce con i fatti.
Le recenti visure camerali, che riportano ancora la presenza di un amministratore unico giovane al timone, alimentano interrogativi sulla reale governance e sulla comunicazione adottata dalla società. Anche qualora siano intervenuti aggiornamenti in fase di registrazione, resta la percezione di un’asimmetria comunicativa che non giova né all’immagine del club né alla serenità dell’ambiente.
In più, è opinione diffusa che la proprietà guardarderebbe con maggiore interesse alle opportunità economiche legate ai futuri impianti sportivi, la cui consegna non è comunque imminente, più che all’immediato rafforzamento sportivo necessario per riportare il Taranto tra i professionisti. Una valutazione che, giusta o sbagliata che sia, resta fortemente radicata tra i sostenitori: e quando un’intera piazza pensa una cosa, il problema c’è, eccome.
Il campo non mente
Il campo è lo specchio di un progetto che non decolla. Fuori casa, nelle ultime cinque partite, sono arrivati tre pareggi e due sconfitte. Numeri insufficienti per una squadra che dovrebbe ambire con ambizione dichiarata alle prime posizioni. L’ultima gara, in casa della quinta in classifica, ha mostrato una squadra in affanno, salvata più dagli episodi che da una reale superiorità tecnica.
E mentre l’ambiente chiede un cambio di passo immediato, la proprietà sembra rifugiarsi ancora una volta dietro le solite formule: “stateci vicini”, “vedrete”, “faremo”. Ma la città inizia a chiedersi quando.
Taranto merita programmazione, competenza, verità
Nessuno pretende miracoli. La piazza pretende però programmazione, trasparenza, competenza e rispetto. Pretende che chi guida il club lo faccia con chiarezza e responsabilità. Pretende una visione pluriennale e non proclami di circostanza.
Taranto è una piazza che ha fame, che ha storia, che ha una delle comunità sportive più vive del Sud Italia. Non accetterà a lungo che il suo futuro sia lasciato in mano a promesse non mantenute e a un progetto percepito come fragile e improvvisato. Il tempo delle parole è finito. È arrivato quello delle prove.


