Taranto, promesse, business e realtà. Il caso più particolare resta quello della squadra tarantina. Una città di oltre 200mila abitanti, con una storia calcistica gloriosa e un pubblico che vive di calcio, ma oggi intrappolata in una fase di promesse e annunci
Eccellenza pugliese, una corsa a quattro che supera i confini del campo. Il campionato ha ormai delineato il suo scenario: la lotta per la promozione diretta in Serie D è una questione a quattro. Brindisi, Bisceglie, Taranto e Canosa, in rigoroso ordine di classifica, hanno preso il largo rispetto al resto del gruppo, tracciando una linea netta tra chi ambisce al salto di categoria e chi invece pensa già a contenere i costi in vista della seconda parte di stagione. Ma ridurre la sfida alla sola stagione in corso sarebbe riduttivo. Le quattro protagoniste rappresentano, ciascuna a modo suo, un progetto, un’idea di calcio e di territorio.
Brindisi, ambizioni e stabilità ritrovata
Con una nuova proprietà e investimenti significativi, il Brindisi non ha mai nascosto l’obiettivo di tornare tra i professionisti nel minor tempo possibile. L’impatto con la categoria non è stato dei più semplici: qualche passo falso iniziale e alcune dichiarazioni sopra le righe del direttore sportivo Righi hanno acceso il dibattito, ma la squadra oggi sembra aver trovato il giusto equilibrio. Il club lavora con una prospettiva chiara, puntando su calciatori di livello superiore e su una gestione che mira alla crescita strutturale.
Bisceglie, la solidità dell’identità
Il Bisceglie è, come si dice in gergo, una “squadra di categoria”. Compatta, organizzata, con un allenatore, Pino Di Meo, capace di trasmettere mentalità e disciplina. Una realtà che sa come muoversi in Eccellenza e che, proprio per questa sua solidità, difficilmente potrà immaginare/puntare a un progetto a medio termine per il salto in Lega Pro. Non mancano le risorse economiche, ma la struttura societaria e cittadina sembra più orientata alla continuità che all’azzardo.
Canosa, entusiasmo e limiti di prospettiva
Il Canosa ha sorpreso per intensità e risultati. La società non lesina investimenti e ambizioni, ma le difficoltà potrebbero arrivare sul piano infrastrutturale e della programmazione a lungo termine. È un progetto vivo, concreto, ma che rischia di urtare presto contro la realtà delle piccole piazze e la carenza di impianti adeguati per categorie superiori
Taranto, promesse, business e realtà
Il caso più particolare resta quello del Taranto. Una città di oltre 200mila abitanti, con una storia calcistica gloriosa e un pubblico che vive di calcio, ma oggi intrappolata in una fase di promesse e annunci.
La proprietà, solidamente ancorata al gruppo Ladisa, ha mostrato grande attenzione più agli aspetti imprenditoriali e collaterali, che al programmazione sportiva vera e propria. Si parla molto di gestione integrata dello stadio Iacovone, di aree commerciali, di progetti di redditività e di utilizzo quotidiano dell’impianto, ma poco, troppo poco, del piano industriale sportivo, che dovrebbe invece rappresentare il cuore di ogni impegno assunto e di rinascita calcistica.
Le dichiarazioni pubbliche sui grandi obiettivi futuri (Serie B, sviluppo immobiliare, rinnovamento infrastrutturale) restano per ora intenzioni non supportate dai fatti. La squadra, pur competitiva, non ha mostrato un’impronta tecnica né una strategia di investimento coerente con le ambizioni dichiarate. È come se il club avesse messo il carro del business davanti ai buoi del calcio, dimenticando che a Taranto, prima di ogni altra cosa, si chiede serietà sportiva e risultati sul campo.
Molto, dunque, resta da dimostrare. Il tempo e i fatti diranno se le parole si trasformeranno in progetto o se resteranno l’ennesimo esercizio di retorica societaria.
Una corsa senza margine d’errore
La classifica, oggi, somiglia a una roulette russa: chi sbaglia il primo colpo rischia di essere escluso dalla volata finale. E in questo contesto, contano poco storia, blasone o numero di tifosi. Saranno i dettagli e magari un episodio, a fare la differenza.
Con l’avvicinarsi della riapertura del mercato, si entrerà in una fase delicata. In Eccellenza, si sa, gli organici vengono spesso smontati e ricostruiti. Le squadre senza più obiettivi riducono i costi, liberando giocatori più importanti e costosi; i club di vertice, invece, cercano i rinforzi giusti. Circolano già nomi, richieste, cifre e, in più di un caso, pretese di contratti pluriennali: un lusso spesso sproporzionato alla categoria.
Nulla è deciso
Difficile, oggi, sbilanciarsi su una favorita. Brindisi, Bisceglie, Taranto e Canosa, sempre in rigoroso ordine di classifica, hanno caratteristiche e prospettive diverse, ma tutte condividono un sogno immediato: la Serie D. E va ricordato che la promozione non passa solo dal campionato, ma anche dalla Coppa Italia nazionale e dai possibili ripescaggi in base ai piazzamenti nei playoff (sempre nazionali).
Sarà un finale di stagione infuocato, dove ogni passo falso potrà costare caro. E in Eccellenza, spesso, gli “sgambetti” arrivano proprio dai campi più remoti, quelli che non fanno notizia ma sanno scrivere la storia.


