Sindacato Autonomo di polizia penitenziaria ha diffuso la lettera del poliziotto inviata alle istituzioni nazionali
Un agente penitenziario di 52 anni che lavora al carcere di Taranto ha scritto una lettera al Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, alla Premier Giorgia Meloni e ai presidenti di Camera e Senato per denunciare la difficile situazione di sovraffollamento delle strutture detentive, a fronte anche di una carenza del personale e delle frequenti aggressioni da parte dei carcerati. A diffonderla è stato il Sappe, Sindacato Autonomo di polizia penitenziaria.
“Ormai la mattina o il pomeriggio, quando entro nel carcere per espletare il mio servizio, mi faccio il segno della croce, poiché non so quando, e come ne uscirò” . Queste le parole del poliziotto che sottolinea come sia vietato difendersi con i detenuti perché “se gli provochi anche una piccola escoriazione, la magistratura ti mette gli occhi addosso e rischi il reato di tortura”. “Una volta il motto della polizia penitenziaria era ‘vigilando redimere’, ora invece è ‘prendere botte e non reagire mai’”.
Nella lettera inviata al Capo dello Stato, l’agente penitenziario racconta come si svolgono i due turni. Nel primo, dalle 8 alle 16, si trova a gestire da solo 70 detenuti che lo assediano con richieste varie. “Per un diniego banale sfondano i cancelli delle stanze oppure i gabbiotti dei poliziotti o appiccano il fuoco nelle stanze”. Nel secondo invece, che va dalle 16 alle 24, un solo poliziotto deve gestire oltre 200 detenuti.
“Ogni sezione è lunga circa 50 metri, per cui durante tutto l’orario è una maratona continua. Questo stress continuo ti mangia il cervello e toglie le forze”.


