Nel Paese di Dante e Petrarca il 60% della popolazione non ha letto neanche un libro lo scorso anno. In compenso, però, cresce esponenzialmente il numero di autori che danno alle stampe nuove opere. Nel 2022 sono state 76.575 le pubblicazioni di libri registrati in Italia, circa duecentodieci testi al giorno. Preoccupanti i risultati dell’indagine condotta dall’Istat
“Un libro ben scelto ti salva da qualsiasi cosa, persino da te stesso”. Quando pronunciò questa frase Daniel Pennac, con molta probabilità, era all’oscuro della propensione media degli italiani per la lettura. Nel Paese di Dante e Petrarca il 60% della popolazione censita non ha letto neanche un libro lo scorso anno. Frugando fra i numeri dell’ultima indagine Istat dal titolo “Noi Italia 2023”, che ha fotografo lo stato del Paese per quel che concerne l’economia, la società, l’istruzione, il lavoro, la sanità, l’ambiente e altri aspetti, emerge un dato preoccupante: mai, negli ultimi venticinque anni, si è letto così poco in Italia. Secondo l’ultimo rapporto annuale dell’Istituto nazionale di statistica, infatti, la percentuale di italiani dai sei anni in su che hanno letto almeno un libro nell’ultimo anno, e non per ragioni strettamente scolastiche o lavorative, è pari al 39,3% della popolazione. Il 39,3% immortalato dall’indagine fa registrare un calo di un punto e mezzo percentuale rispetto all’ultimo report (nel 2021 erano il 40,8% gli italiani con uno o più libri letti, nel 2020 il 41,4). Ma si tratta di un declino che ha origini più datate: tredici anni fa, nel 2010, l’indice di lettura in Italia si attestava al 46,8%; cifre che ora ci appaiono irraggiungibili considerato che oramai è dal 2015 che l’asticella non va oltre il 42%. Ribaltando l’angolo visuale della statistica presa in esame, se è vero che soltanto il 39,3% degli italiani legge, è altrettanto vero che ben il 60,7% dei nostri connazionali non ha letto alcun libro nel 2022, se non per faccende professionali o per forzati motivi di studio.
Il profilo dell’anima di questa ricerca si appalesa in maniera chiara: in Italia non si legge nel tempo libero. Fra gli italiani che praticano la lettura si presenta un’ulteriore suddivisione. I lettori deboli (coloro che inanellano al massimo tre letture annue) corrispondono al 17,45%, mentre i lettori forti (quelli che divorano pagine e arrivano o superano i dodici libri in un anno) sono il 16,3%. Sono cifre che devono farci riflettere in specie se raffrontate al numero sempre altissimo di libri pubblicati in Italia. Se da una parte la Penisola resta confinata mestamente nelle retrovie delle classifiche europee di lettura, cresce sempre più esponenzialmente il numero di autori che danno alle stampe nuove opere: nel 2022 sono state 76.575 le pubblicazioni di libri registrate in Italia, circa duecentodieci libri al giorno. Della serie: non leggiamo ma, in compenso, siamo dei grafomani patologici. Analizzando le fasce di età si evince che, in questo specifico periodo storico, si legge di più in determinate età: fra gli undici e i quattordici anni, fra i diciotto e i diciannove e fra i cinquantacinque e i cinquantanove anni. Come da tradizione, poi, sono principalmente i giovani e le donne a tenere in piedi la baracca. Si legge, inoltre, di più al Centro–Nord del Paese: con un picco del 46,3% per gli italiani residenti nel Nordovest che hanno letto almeno un libro nel 2022, mentre il Sud annaspa col 27,9%. Milano, infine, è la città italiana dove si leggono più libri.
Un popolo che non legge, o legge poco, è un popolo instupidito. Che fa fatica a comprendere – e analizzare – ciò che accade attorno ad esso. Che non gusta i sapori veri della propria esistenza. Con aree del cervello sottosviluppate, come dimostrato da alcune recenti ricerche condotte dalle neuroscienze. Chi legge vive due volte. In Italia, allora, da un quarto di secolo a questa parte, non siamo proprio nati.