di Francesca Leoci
La ricerca scientifica si propone di individuare i tumori in fasi sempre più precoci e meno manifeste, quando le possibilità di risoluzione sono ancora elevate. Le recenti strategie di screening e le terapie molecolari mirate offrono oggi l’opportunità di diagnosticare la malattia in tempi rapidi, puntando su test sempre meno invasivi che possono rivelare la presenza o il rischio di sviluppare carcinoma polmonare
Quando si parla di cancro al polmone – che oggi rappresenta la terza causa più frequente di diagnosi oncologiche in Italia – è fondamentale sottolineare l’importanza cruciale della diagnosi precoce come strategia principale per un efficace contrasto della malattia. Sono infatti significativamente più elevate le possibilità di asportare le cellule tumorali quando il tumore viene identificato in una fase iniziale, piuttosto che in uno stadio avanzato.
Agendo tempestivamente mediante interventi chirurgici sui tumori diagnosticati precocemente, la sopravvivenza a 5 anni del paziente può superare persino l’80%, spesso senza la necessità di ulteriori trattamenti. Oltre alla prevenzione, che include la crucialità di eliminare i fattori di rischio come il fumo (responsabile dell’80-85% dei casi di carcinoma polmonare), un altro obiettivo primario della ricerca è quello riuscire a intercettare i tumori in fasi sempre più precoci e meno evidenti, dove la probabilità di risoluzione è ancora alta.
Tra le terapie emergenti, le nuove terapie a bersaglio molecolare stanno mostrando risultati promettenti grazie a farmaci innovativi che colpiscono specifiche molecole alterate, responsabili di alcuni sottotipi di tumori polmonari. Questo tipo di trattamenti mira essenzialmente a inibire la crescita di geni che potrebbero accelerare lo sviluppo del cancro.
Le ultime ricerche scientifiche sullo screening del tumore al polmone si concentrano principalmente sull’uso della tomografia computerizzata a basso dosaggio (LDCT), che ha dimostrato di abbassare notevolmente la mortalità tra le persone ad alto rischio, come i grandi fumatori.
Studi come il National Lung Screening Trial (NLST) negli Stati Uniti hanno mostrato una riduzione del 20% della mortalità per tumore polmonare nei partecipanti sottoposti a LDCT rispetto a quelli monitorati tramite radiografie tradizionali. Analogamente, lo studio NELSON ha evidenziato una riduzione del 25%.
Nonostante in Italia non sia ancora disponibile uno screening gratuito generalizzato per il tumore al polmone, l’AIRC ha avviato un progetto pilota chiamato Rete italiana screening polmonare (RISP), promosso dal Ministero della Salute. Questo programma è destinato ai forti fumatori tra i 55 e i 75 anni con un consumo di oltre un pacchetto di sigarette al giorno per 10-20 anni, e prevede l’arruolamento di 10.000 partecipanti distribuiti in 19 centri su tutto il territorio nazionale. L’obiettivo è valutare l’efficacia dell’LDCT nella diagnosi precoce del tumore al polmone.
Parallelamente, la ricerca si sta orientando anche verso lo sviluppo di test meno invasivi per analizzare biomarcatori nel sangue, come i microRNA. Queste piccole molecole, che regolano l’espressione genica, possono indicare la presenza o il rischio di sviluppare il carcinoma polmonare.
“Siamo così riusciti a individuare una cosiddetta firma, ossia una particolare combinazione di microRNA con cui identificare i soggetti particolarmente a rischio di sviluppare carcinoma polmonare”, spiega spiega Gabriella Sozzi, ricercatrice AIRC e direttrice del Laboratorio di genomica tumorale dell’Istituto nazionale dei tumori di Milano.