di Erasmo Venosi
Il ministro del “Made in Italy”, una volta ottenuto il via libera con l’Accordo di Programma, e con l’Aia, mirerebbe alla riapertura del dialogo con il Fondo Usa Bedrock Industries Management. A Roma va in scena una corsa contro il tempo
Per l’Ilva ha inizio una settimana importante. Oggi, martedì 8 maggio, presso il ministero delle Imprese e del Made in Italy è stata convocata una riunione alla quale sono invitati i rappresentanti di tutte le amministrazioni pubbliche pugliesi con il fine di salvare Acciaierie d’Italia i suoi 10 mila lavoratori. Questo il punto di vista di governi, sindacati, imprenditori e mallevadori vari.
Un incontro che riguarda la sottoscrizione di un Accordo di Programma relativo al Piano di Decarbonizzazione. Un incontro ad “oltranza“ si legge e che ha come finalità un aspetto singolare ovvero un compromesso che consente il rinnovo dell’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA). Quindi una procedura dove si prendono in considerazione, diversi tipi di effetti sull’ambiente e in ciascuna condizione di vita degli impianti, con lo scopo di garantire performance complessive ottimali e conseguentemente un elevato livello di protezione dell’ambiente. Ciò conseguito applicando le migliori tecniche disponibili per quanto concerne l’impiantistica, sia i sistemi di controllo e sia i sistemi di gestione, diventa oggetto di negoziazione tra Stato, Regione, Provincia e Comuni.
Un’AIA che riguarda un’attività che causa problemi rilevanti con emissioni in atmosfera, nell’acqua, nel suolo nella gestione dei rifiuti e nel consumo di risorse naturali. Un’AIA necessaria perché sull’ex Ilva incombe una sentenza del Tribunale di Milano, chiamato a decidere su un ricorso legato proprio all’Autorizzazione integrata ambientale. Nell’ipotesi di sottoscrizione dell’Accordo tutto sarà trasferito al ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica. Ottimisticamente o forse a ragioni sconosciute nella giornata di giovedì 10 luglio, è programmata la Conferenza dei servizi decisoria incredibilmente propedeutica al rinnovo dell’Aia. In assenza di sottoscrizione dell’Accordo di Programma e dell’AIA l’Ilva cesserà di esistere a seguito della sentenza del Tribunale di Milano.
Incidentalmente si ricorda che sull’Accordo di Programma nessuna intesa c’è stata tra Provincia e Comune. Il Governo, attraverso Urso, non vede l’ora di poter spendere l’Accordo e l’AIA nella trattativa per vendere l’ex Ilva. Si consideri anche l’esigenza di aggiornamento del cosiddetto Piano di Ripartenza, realizzato dai commissari straordinari nominati dal governo Meloni. Piano che aveva come obiettivo il rilancio dell’ex Ilva dopo la gestione di ArcelorMittal.
Rimodulazione del Piano secondo i commissari “che si è reso necessario aggiornare le tempistiche di attuazione del Piano di Ripartenza a causa di criticità tecniche non prevedibili al momento della sua elaborazione. Si è trattato quindi di un evento totalmente inaspettato e non previsto”.
Insomma, dopo il fallimento con Arcelor Mittal, lo stallo con gli Azeri, e l’esclusione della statalizzazione resta la vera carta che intende giocare il Ministro secondo alcune fonti informate: la riapertura del dialogo con il fondo USA Bedrock Industries Management che ha già salvato un altro grande Gruppo Siderurgico.
Il limite sembra essere la disponibilità del Fondo a investire massimo un miliardo di dollari che serve a nulla per la perseguita produzione “verde“ dell’acciaio. Ulteriore complicazione quanto scritto dai commissari straordinari : “l’impossibilità di procedere alla riattivazione dell’Altoforno 2 a causa dei gravi danni impiantistici, la cui genesi è certamente antecedente al subentro dell’Amministrazione Straordinaria, avvenuto nel febbraio 2024”.
Dieci anni di commissari straordinari non hanno prodotto assolutamente nulla. Incredibile il leitmotiv del Ministro del Made in Italy che spiega come se la situazione non riguardasse in primis il Governo “i tre grandi gruppi industriali internazionali (Baku Steel, Bedrock e Jindall, ) che hanno fatto delle offerte per l’intero asset attendono. Vogliono sapere, se lo stabilimento avrà l’autorizzazione integrata ambientale, anche sanitaria, come richiedono le norme italiane ed europee per produrre. Perché nessuno compra un asset che non ha la licenza a produrre”.
Le Amministrazioni locali dovranno dire un si o un no alla nave rigassificatrice, che riceve, stocca e rigassifica il gas naturale liquefatto indispensabile per la realizzazione forni elettrici con il peridrotto (Dri); l’impianto di desalinizzazione delle acque e l’attracco o meno della nave nel porto di Taranto.
La nave rigassificatrice risulta fondamentale per alimentare l’acciaieria quando verranno realizzati i forni elettrici con il preridotto (essenziali anche per l’ambientalizzazione). Genova comunque sembra già essersi fatto avanti per accogliere la nave nel suo di porto. L’entità degli investimenti per una reale decarbonizzazione al fine di ottenere l’acciaio verde è pari a 11 miliardi di euro. Inoltre i costi energetici sono crescenti soprattutto a causa della sostituzione del metano soprattutto russo con il GNL USA. A ciò si aggiunga una spietata concorrenza asiatica. L’incidenza del costo dell’energia sul costo della prodizione dell’acciaio è pari al 17%. Seguiremo attentamente l’evolvere della situazione.
Osservatori obiettivi, considerando lo spettro delle variabili, non potrebbe che concludere che Ilva sia spacciata e bene farebbe il Governo a pensare a una riconversione industriale del siderurgico. Amaramente osserviamo che, come riscontrato anche dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo, le autorità italiane hanno anteposto la produzione rispetto alla salute pubblica, violando i diritti umani pur in presenza di riscontri scientifici inoppugnabili.