Il ministro parla di una settimana decisiva per il siderurgico: senza la nuova AIA lo stabilimento rischia la chiusura. “Tutti dovranno rispettare le stesse regole ambientali e sanitarie”
“Occorre decidere subito, noi sull’Ilva non ci arrendiamo”. Lo dice, al Messaggero, il ministro delle Imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, che parla di una “settimana decisiva”.
Intanto, ricorda il ministro, è necessario chiudere l’accordo per l’assenso con le amministrazioni territoriali in merito alla nuova AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale), perché senza di essa, “visto che incombe sullo stabilimento il giudizio del Tribunale di Milano, questa sentenza potrebbe disporre lo stop all’attività produttiva, alla luce delle indicazioni date dalla Corte di Giustizia europea”.
Poi, continua Urso, “dovremo adeguare subito la gara in corso alle nuove condizioni, già a fine luglio. Per questo è assolutamente necessario che tutto sia chiaro nei prossimi giorni. È ovvio che avere a Taranto anche gli impianti per la produzione di ferro preridotto (DRI) sia un elemento di forte attrattività per gli investitori. Ma vorrei ricordare un aspetto: l’importante è che si capisca chiaramente che, qualunque sia il capitale o la nazionalità dell’azienda, senza AIA lo stabilimento è destinato alla chiusura”.
Al momento, spiega Urso, “abbiamo presentato alla Regione Puglia e agli enti locali un piano industriale che prevede la piena decarbonizzazione dello stabilimento in appena otto anni, con la realizzazione di tre forni elettrici che progressivamente sostituiranno gli altiforni, in piena continuità produttiva e occupazionale. I forni elettrici dovranno essere alimentati dal DRI, che potranno essere realizzati accanto da ‘DRI d’Italia’, società pubblica partecipata al 100% da Invitalia, insieme agli impianti di cattura della Co2. Per alimentare i DRI sarà necessaria la nave rigassificatrice, come a Piombino”.
Mentre senza la nave, prosegue il ministro, “non vi è acciaio green. In questo caso realizzeremo a Taranto solo i tre forni elettrici che sostituiranno gradualmente gli altiforni, in piena continuità operativa, ma il polo italiano del DRI sarà realizzato in un’altra località che assicurerà l’approvvigionamento di gas. Ho sempre detto che la prima scelta spetta a Taranto, per motivi morali, storici, economici e sociali. Se Taranto rinuncerà alla nave rigassificatrice, sarà necessario spostare il preridotto altrove. Ma questo renderà meno sostenibile l’intero stabilimento, per i maggiori costi operativi che ne deriveranno. Per non parlare del maggiore impatto ambientale legato al trasporto marittimo. Anche questo dovrebbe far riflettere chi ha a cuore l’ambiente”.
Quanto al compratore, conclude Urso, “al momento è in corso una gara internazionale secondo le regole europee. Qualunque sia il capitale dell’azienda, pubblico o privato, italiano o straniero, lo stabilimento dovrà rispondere alle stesse regole ambientali e sanitarie. Senza AIA nessuno è abilitato a produrre. Al momento il negoziato sta procedendo in via preferenziale con Baku Steel. È verosimile che, alla luce della programmata decarbonizzazione, si manifestino ulteriori partner internazionali”.
(Adnkronos)