La B sfiorata per due anni consecutivi. L’ex patron rossoblu arrivato da Manduria. E le contestazioni dei soliti noti
Come perdere la serie B in novanta, sciagurati, minuti e buttare alle ortiche il progetto più concreto delle ultime 30 stagioni. In quattro anni, sul modello voluto e progettato da Gigi Blasi, avevamo costruito una società modello. Competitiva nei risultati, perfetta nella gestione. Gigi aveva “salvato” il calcio tarantino dal fallimento del 2004. Una salvezza miracolosa il primo anno in C2 con gli spareggi di Ragusa.
Il salto di categoria nella stagione successiva, festeggiato con il gol di Vincenzino De Liguori, messo a segno a tempo quasi scaduto, con il pallone della vittoria che era scivolato, come una saponetta, tra le mani del portiere del Rende.
La sfortunata eliminazione dai play off con la sconfitta di Avellino nel 2007. Una partita dominata al Partenio sino a quando Papagni, sbagliando nello l’assetto tattico nel finale della gara, tolse dal campo i dirompenti ed incontenibili Catania e Toledo per “chiudersi”, con i sostituti, nella propria metà campo a difesa del risultato. Un’indecisione di Barasso fece il resto.
Ma Blasi voleva il Taranto i serie B e volle provarci ancora l’anno successivo. Nonostante la contestazione, sempre meno latente, di una parte esasperante della tifoseria, che mal digeriva il carattere forte e deciso di “Gigi”. Gli inserimenti di Cutolo e Plasmati fornirono maggiore peso e penetrazione in attacco. Luca Cavallo, Carrozza, Cejas, De Falco, Zito, Cammarata, Dionigi, il giovane esordiente Marsili, Colombini, Ivano Pastore ed Emerson, tra gli altri, erano i componenti di una rosa estremante competitiva. In grado di lottare per il primato.
Conquistammo l’acceso ai Play Off con qualche giornata di anticipo. Eliminammo in semifinale il Crotone, in finale ce la saremmo giocata con l’Ancona. Sulla carta i risultati ci davano per favoriti.
Il primo giugno 2008, allo Iacovone, impattammo con i marchigiani la finale di andata. Una partita scialba, sul risultato della quale pesarono le assenze di Cutulo e Cejas, entrambi squalificati per un turno. Nonostante i risultati positivi la contestazione covava sempre sotto la cenere.
L’otto giugno era in programma la gara di ritorno al “del Conero”. Preparammo tutto con minuzia maniacale
Con Blasi anticipammo di qualche giorno l’arrivo nella città marchigiana. Per ovviare alla carente disponibilità di tagliandi concessi alla nostra tifoseria e per organizzare il miglior soggiorno possibile alla squadra. Ritiro alla falde del monte Conero allenamenti di rifinitura a Osimo.
Nel corso dell’allenamento, pregara, del sabato una tegola sconvolse i programmi di Marco Cari e della squadra. Il riacutizzarsi di un infortunio ai legamenti del ginocchio mise fuori causa Pastore. Ivano non era soltanto il capitano, era la “chioccia” dello spogliatoio. Le sue qualità tecniche ed il suo acume tattico rappresentavano una garanzia.
Fu una perdita determinante che mise in difficoltà il nostro allenatore costretto ad improvvisare una difesa a quattro con centrali Vincenzo Migliaccio e Fabio Prosperi. A posteri viene spontaneo pensare che il sostituto naturale di Pastore era, come ha poi dimostrato la sua carriera, Emerson Ramos. Aveva la caviglia più sensibile di tutti, era forte nel gioco aerea e batteva calci di punizione sempre pericolosi per gli avversari.
Due svarioni difensivi risultarono decisivi per il risultato. Ci stavamo giocando la serie B ed un gruppo di tifosi, sempre il solito, contestava la società. La veemente reazione della squadra nei secondi 45 minuti non fu sufficiente a ribaltare il risultato. Uscimmo sconfitti per due a uno. Blasi offeso dal ripetersi del comportamento ostile, di una parte della tifoseria, abbandonò lo stadio di Ancona disgustato. Per oltre un mese non volle parlare di calcio e del Taranto. Era così iniziato il periodo del suo allontanamento dalla piazza e dallo sport.
Quella successiva fu una stagione sportiva di contenimento. Non vi erano più gli stimoli ed i presupposti per proseguire. Mancini e Zito erano stati ceduti al Siena. L’arrivo di Caturano, allora titolare della nazionale Under 19, non servì a mitigare i rapporti. Quelli con i più esagitati erano ridotti ai minimi termini. A metà campionato, sotto i gradoni della tribuna, subimmo una violenta inqualificabile “imboscata” che incise sul futuro del calcio tarantino. A fine stagione si fece avanti D’Addario. Blasi fu più che lieto di passargli la mano.
Nel 2012 la Società del Taranto, oberata di debiti accumulati dalla gestione D’Addario, fu dichiarata fallita. Il resto è storia recente. Dagli errori (scontati) compiuti dal Trust dei tifosi per finire a coloro che li hanno seguiti sino ai giorni nostri. Tutti responsabili in egual misura.
Strani giochi del destino. Nei giorni scorsi, dopo venti anni, alla porta di Blasi si sono presentai in tanti, Piero Bitetti incluso, con la speranza, inutile, di convincerlo.