Il campionato di Serie C ha smarrito, soprattutto negli ultimi anni, quello che era il suo riconosciuto, indiscutibile punto di merito. Forgiare giovani di valore, i migliori dei quali riuscivano ad approdare nelle serie maggiori. Un distintivo che dava lustro a tutto il movimento
Il Rimini penalizzato di 11 punti, sfrattato dal Sindaco, dallo storico stadio Romeo Neri, per inadempienze amministrative. Pressato anche dalla contestazione dei genitori, dei giovani appartenenti a quel settore giovanile, che chiedono lumi sul futuro sportivo dei loro ragazzi. Che subisce la ‘fuga’ dei componenti la rosa dei calciatori della prima squadra. Un solo punto in due partite ed una distanza di dieci dalle avversarie, del fondo classifica, più vicine.
Questa è l’immagine pessima, ma reale, con la quale si ‘presenta’, al pubblico ed ai media, la Lega Pro. Una categoria veramente allo sbando. Un campionato divenuto, per molti aspetti, virtuale. Progetti finanziari e tecnici diseguali.
Perché alle manifeste difficoltà dei romagnoli fanno compagnia le disavventure della Triestina, quella della Ternana dove il vincente ex proprietario, ora anche sindaco della città umbra, si impegna (per ora inutilmente) per risollevarne le sorti, anche in funzione di un ambizioso progetto sulle infrastrutture cittadine (clinica e stadio) sulle quali ha già investito in maniera sostanziosa. La chioma sempre più “irrequieta” del presidente del Cosenza, Eugenio Guarascio, lascia palesemente intendere/trasparire quanto sia accidentato il percorso intrapreso dai rossoblu silani e quanto sia ‘rumorosa’ la contestazione mossa nei suoi confronti, dall’intero ambiente cittadino.
Indecifrabile la situazione economica del neo promosso Siracusa, le ‘distanze’ che ha voluto prendere dal club l’ottimo Antonello Laneri, da sempre affezionato ai colori azzurri, lascia spazio all’interpretazione di alcune crepe nella gestione che hanno in parte visto coinvolto anche il tecnico Turati. Le ‘turbolenze’ in atto a Trapani, tra il presidente granata Valerio Antonini ed i rappresentanti della civica amministrazione, non rendono tranquillo il campionato dei siciliani.
Sulla categoria grava poi l’affanno di quelle Società (in buon numero) che, per sopperire alle proprie carenze finanziarie, debbono ricorrere alle all’utilizzo di calciatori ‘valorizzati’ (spesso tecnicamente inadeguati alla categoria) ed a ‘finanziamenti’ esterni di genitori tanto facoltosi quanto irriverenti e pericolosi, che propongono il tesseramento dei loro acerbi (per non dire di peggio) ‘virgulti’. La recente inchiesta televisiva de ‘Le Iene’ ha messo a nudo anche questa incongruità scandalosa, alla quale il presidente di Lega Pro Matteo Marani ha l’obbligo, assoluto, di porre rimedio.
Il campionato di Serie C ha smarrito, soprattutto negli ultimi anni, quello che era il suo riconosciuto, indiscutibile punto di merito. Forgiare giovani di valore, i migliori dei quali riuscivano ad approdare nelle serie maggiori. Un distintivo che dava lustro a tutto il movimento. Stagione dopo stagione le rappresentative nazionali di categoria sfornavano campioncini in erba. La terza serie aveva quindi un motivo valido di esistere. Anche al di là della ‘sfida’ agonistica tra i campanili, come si usava dire.
Con una sconcertante considerazione sui settori giovanili. Il più delle volte girati in gestione, per necessità, a terzi (spesso a soggetti senza scrupoli che ne fanno uno scopo di lucro). Vuoi per una carenza atavica di impianti (quanti, in terza serie, possono infatti permettersi una struttura sportiva adeguata alle proprie esigenze e docenti federalmente qualificati, tutti sottoposti a contratto?), come per risparmiare sulla gestione generale, già pesantemente oberata dal costo del lavoro relativo alla prima squadra. Quello, palesemente insostenibile, che poi porta alle penalizzazioni e fa saltare i bilanci.
Le attuali “under” 16 e 17 ed i quadrangolari di selezione sono quindi diventati passerelle di scarsa utilità. Valide più per la soddisfazione dei giovani convocati, che permette loro di conservare, tra i propri ricordi, il cimelio di una maglia fregiata del tricolore, che per una effettiva utilità tecnico/sportiva.
Ed a poco valgono quelle norme, di recente approvazione, che impongono l’inserimento graduale, in prima squadra, di giovani cresciuti, negli anni, nel proprio vivaio (ove sia ancora giusto definirlo in tal modo). Perché tra radiazioni, nuove costituzioni societarie e ripartenze dal basso, quante sono le società, che rimangono, in grado di rispettare quelle disposizioni?


