di Fabrizio Guacci
Nel contesto del vertice di Tianjin è stata costituita la SCO Development Bank, che sancisce ancora una volta la volontà cinese di imprimere il suo soft power sugli Stati membri: Pechino si è impegnata con 2 miliardi di Yuan in aiuti diretti e 10 miliardi in prestiti. La Cina ha anche allargato ai membri l’uso del sistema satellitare BeiDou (il rivale dell’americano GPS) ed ha annunciato un centro comune per lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale
Tra il 31 agosto ed il 2 settembre 2025, a Tianjin, in Cina, si è svolto il 25° vertice dell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai (SCO). L’incontro ha riunito, tra gli altri, Xi Jinping, Vladimir Putin e Narendra Modi: un trio di peso nel contesto di crescente tensione globale. Il summit, concluso con la “Dichiarazione di Tianjin”, ha riaffermato l’obiettivo di rafforzare il rispetto tra Stati, rifiutare l’egemonismo e proporre un’alternativa concreta all’ordine occidentale.
La SCO è nata nel 2001 dalle radici del “Gruppo di Shanghai” e conta oggi 10 membri permanenti ed un gruppo di Paesi osservatori, si configura come un’alleanza che va ben oltre la cooperazione regionale. Non ha la natura prettamente militare della NATO, ma punta sull’economia e sul commercio come leva per il dominio globale.
Nel contesto del vertice di Tianjin è stata costituita la SCO Development Bank, che sancisce ancora una volta la volontà cinese di imprimere il suo soft power sugli Stati membri: Pechino si è impegnata con 2 miliardi di Yuan in aiuti diretti e 10 miliardi in prestiti. La Cina ha anche allargato ai membri l’uso del sistema satellitare BeiDou (il rivale dell’americano GPS) ed ha annunciato un centro comune per lo sviluppo dell’Intelligenza Artificiale.
A differenza del dominio statunitense basato principalmente su una concessione, almeno apparentemente, indeterminata della protezione militare attraverso la NATO, Xi Jinping cerca di delineare una contro-NATO che non abbia l’aspetto di un’alleanza di armi ma che sia esclusivamente commerciale, figlia della Nuova Via della Seta e strumento di un disegno più ampio.
La Russia, fiaccata dalle sanzioni e isolata dalle principali piattaforme occidentali, si aggrappa alla SCO per restare nel Grande Gioco. Anche e soprattutto guardando in ottica commerciale, considerando come l’economia “gassosa” russa secondo alcune stime avrebbe subito un duro colpo dalle sanzioni occidentali seguite alla guerra in Ucraina. A dimostrarlo è l’accordo siglato dalla Gazprom – reso noto subito dopo il vertice – per la costruzione del gasdotto Power of Siberia 2 verso la Cina e del gasdotto di transito Soyuz Vostok attraverso la Mongolia. Dal 2027, dunque, i flussi russi verso Pechino aumenteranno di altri 10 miliardi di metri cubi annui, arrivando, se tutto andrà come previsto, a circa 100 miliardi di m³ all’anno.
Eppure, Mosca non ha reciso del tutto i suoi legami con l’Occidente: cerca un equilibrio funambolico, dialogando con la nuova amministrazione Trump per evitare un isolamento totale. È un gioco diplomatico che serve a mantenere rilevanza, schivando l’egemonia sia americana che cinese.
Diverso il caso dell’India di Narendra Modi, Paese membro della SCO dal 2017, che mantiene una posizione ambigua: prende parte ma non si allinea totalmente. La partecipazione al Vertice ha rappresentato un segnale di normalizzazione dei rapporti tra Nuova Delhi e Pechino, dopo il gelo diplomatico a seguito degli scontri al confine himalayano del 2020 che provocarono circa 60 morti. Arriva a Tianjin mano per la mano con Putin, ma allo stesso tempo coltiva relazioni strette con l’Ovest, soprattutto attraverso il QUAD (con USA, Australia e Giappone). Nuova Delhi non vuole essere schiacciata né da un blocco né dall’altro, ma questa strategia le costa caro: i dazi statunitensi sono arrivati fino al 50% sulle loro merci, motivati dai massicci acquisti indiani di gas russo.
Dall’altro lato ci sono i BRICS, insieme alla SCO, rappresentano l’altro grande progetto di ordine alternativo; tuttavia, a differenza dell’Organizzazione di Shanghai, i BRICS sono meno coesi e più frammentati. Le assenze di Xi e Putin all’ultimo vertice di Rio de Janeiro hanno evidenziato questa debolezza.
Nel frattempo, l’Occidente osserva solo dall’esterno. Non per disinteresse, ma perché nonostante il tentativo del 2005 di Washington di divenire paese osservatore della SCO, agli USA è stata negata questa possibilità. Il timore occidentale, nato fin dalla creazione dell’Organizzazione, è stato palesato ancora una volta dalle dichiarazioni del Segretario al Tesoro statunitense, Scott Bessent, arrivate a margine dell’incontro di Tianjin, il quale ha “bollato” Cina, Russia e India come “badactors”, accusandoli di alimentare il conflitto russo-ucraino ed ha sminuito il vertice SCO definendolo “largely performative”, ossia più spettacolo che sostanza, di fatto contraddicendosi da solo nella stessa dichiarazione.
Il vertice di Tianjin non è stato quindi semplicemente un incontro tra capi di Stato, ma la rappresentazione di un’alleanza tra Stati difficile da gestire, ma assolutamente da monitorare. Nello spazio lasciato vuoto dall’Occidente, prova ad incunearsi il blocco di Shanghai attraverso quella che ha tutte le evidenze di una contro-NATO commerciale: un laboratorio di globalizzazione asiatica, gestita da Pechino e legittimata da Mosca.
La forza della SCO è nel non avere la rigidità delle regole che caratterizzano le democrazie occidentali: dove la NATO impone, la SCO aggrega; dove il FMI condiziona, Pechino finanzia; dove Bruxelles discute, la SCO costruisce.
L’Occidente dinanzi a questo modo di agire non si può più limitare ad osservare dall’esterno, né tantomeno ad ignorare la questione. Deve piuttosto trovare il modo di dialogare con essi, e nel caso di ostacolarli nell’avanzata che potrebbe danneggiare le nostre economie in modo molto più incisivo di una guerra convenzionale.