Quer pasticciaccio brutto dei Porti italiani. Alla fine, l’unico commissariamento che potrebbe concretizzarsi è quello della Meloni nei confronti del suo vicepremier. A dir poco singolare il silenzio di molti su questa vicenda. Della poltica (opposizioni comprese). Dei sindacati. Di Assoporti. Delle organizzazioni imprenditoriali
Un bel pastrocchio, non c’è che dire! Il Governo Meloni, per mano del vicepremier Salvini, affonda. No nelle cime tempestose di un oceano qualsiasi, ma in Porto. Nella darsena (in)sicura delle nomine lottizzate. Dei curriculum improvvisati. Delle patenti nautiche che trasformerebbero in lupi di mare anche chi si trovasse a scendere dalla montagna. Dei nuovi presidenti delle Autorità di Sistema Portuale che, presidenti, difficilmente potranno mai diventarlo. Nomine ingessate: si Salvi(ni) chi può. Con la procedura dei ricorsi che non tarderanno ad arrivare. Che fioccheranno tutte assieme.
Designazioni bloccate, dicevamo. Sospese in un fazzoletto di acqua; e nel silenzio generale dei molti. Della politica (opposizioni comprese). Dei sindacati. Di Assoporti. Delle organizzazioni imprenditoriali. Tutto questo accade quando un ministro – e il ministero di riferimento, attraverso le proprie strutture dirigenziali – maltrattano le norme. Le scavalcano. Avallando zone franche d’impunità giuridica. Il riferimento è alla legge Delrio. Che stabilisce, in maniera tassativa e senza dubbio alcuno, come a capo di un’Autorità Portuale possa arrivare solo un manager dalle comprovate (e oggettive) competenze. Tecnici preparati, conoscitori della materia, che parlino le lingue. Qualcosa di molto diverso, insomma, della lottizzazione politica consumata nelle scorse settimane. Degli amici degli amici soccorsi a nuoto. Dei vari ed eventuali Manuali Cencelli della nostra sfortunata vicenda statuale.
Con il deprecabile risultato che, le 16 Autorità di Sistema Portuale del Paese (Taranto compresa), versino in uno stato d’immobilismo. D’inerzia preoccupante. Non potendo procedere neanche alla nomina dei segretari generali. Perdendo quote di mercato – e lauti profitti – nello scacchiere mediterraneo. Erodendo quell’1,5% del Pil nazionale riferibile all’economia del mare. Eppure questi enti hanno il controllo delle aree demaniali e finiscono col vantare maggiori poteri dei sindaci per quel che concerne gli assetti urbanistici, i terminal merci e le opere infrastrutturali ad essi collegati. Chi è solito frequentare le stanze dei bottoni, a Palazzo Chigi, riferisce di una Meloni inviperita. Pronta a commissariare Salvini. Il suo vicepremier. Colui che l’ha cacciata in un mare di guai.