Ne esce a pezzi soprattutto il Taranto, che evidenzia per l’ennesima volta, in pochissimo tempo, la propria fragilità societaria. Un’azienda incompleta, priva di una segreteria e di un adeguato staff dirigenziale, che si appoggia formalmente a una sede sociale inesistente, presso lo stadio Iacovone, oggi ridotto a un cantiere di macerie in vista dei Giochi del Mediterraneo 2026
Il tracollo di una società senza struttura. Il calcio a Taranto continua a vivere nell’improvvisazione e nell’imbarazzo. L’ennesimo episodio si è consumato ieri con la mancata disputa della gara di Coppa Italia di Eccellenza regionale tra Brindisi e Taranto: la squadra rossoblù non si è presentata allo stadio “Fanuzzi”, ufficialmente perché dieci suoi calciatori sono stati colpiti da una inopportuna infezione gastrica. Ritenuti quindi non idonei alla disputa di una partita tanto importante. Ricordiamo che la squadra vincitrice della Coppa Italia di categoria conquista anche il diritto a partecipare, nella stagione successiva, al campionato di Serie D.
Un racconto che, a poche ore di distanza, scricchiola da tutte le parti. I calciatori sono stati sanitariamente assistiti presso l’ospedale S.S. Annunziata di Taranto, nel pomeriggio di mercoledì scorso ma la Società, invece di muoversi con tempestività immediata, ha fatto inoltrare dal suo legale una richiesta di rinvio della partita, con un ritardo imperdonabile e inevitabilmente, senza ottenerne l’accoglimento. Un rinvio improprio che, peraltro, non è nelle corde decisionali del Comitato Regionale della Federcalcio.
Risulterebbe inoltre, a peggiorare la situazione, che tra i presidenti delle due Società non ci sia stato nessun contatto verbale di avvicinamento. Quando il buon senso insegna che con una telefonata (Ladisa cercando il colloquio con Roma avrebbe evidenziato le sue doti diplomatiche) si sarebbero così potute evitare tante sciocche polemiche e pessime figure.
Stamane, a rendere ancora più grottesca la vicenda, i controllori della ASL recatisi presso la moderna struttura alberghiera, che ospita la squadra, hanno escluso qualsiasi anomalia sugli alimenti serviti. Ne è scaturita la volontà dei gestori di interrompere i rapporti con il club.
Si è invece assistito ad uno sconcertante scambio di comunicati tra le due Società, ciascuna impegnata soltanto a smentire l’altra più che a salvaguardare l’immagine di un movimento calcistico già logoro, di per se stesso, per precedenti tensioni comportamentali.
Ne esce a pezzi soprattutto il Taranto, che evidenzia per l’ennesima volta, in pochissimo tempo, la propria fragilità societaria. Un’azienda incompleta, priva di una segreteria e di un adeguato staff dirigenziale, che si appoggia formalmente a una sede sociale inesistente, presso lo stadio Iacovone, oggi ridotto a un cantiere di macerie in vista dei Giochi del Mediterraneo 2026.
Per una città che ha una tradizione calcistica ultracentenaria, una tifoseria passionale e uno stadio che deve tornare ad essere il simbolo della rinascita, non soltanto sportiva, il quadro attuale è veramente preoccupante.
Le responsabilità non sono solo organizzative, ma culturali: manca un progetto, manca la concretezza, manca soprattutto il rispetto per la storia e per i tifosi. Altro che deliranti comunicati stampa, fiumi di parole presidenziali con inutili richiami alla passione, alla lealtà ed al rispetto.
Il Taranto Calcio si è presentato al pubblico italiano anzi, nel presente si deve ancora presentare, dando dimostrazione di una società incapace di gestire l’ordinario, figuriamoci l’imprevisto.
Il risultato è di una pessima figura, di una macroscopica caduta di immagine che non saranno in grado di cancellare né i comunicati stampa, né gli alibi sanitari, né lo scaricabarile.
Occorre, come recitava il bando di pubblica assegnazione, firmato dal Sindaco Bitetti, una rifondazione vera, prima di tutto dietro le scrivanie, strutturale, logistica, professionale e solo dopo con i risultati conquistati sul campo. A buon intenditor…


