“Il fondo servirebbe per il risanamento funzionale dell’impianto siderurgico e per rilanciare l’acciaieria verso una condizione di auto sostenibilità economia e di futura presentabilità sul mercato”
“Camminiamo sull’orlo di un precipizio. Tutti quanti, nessuno escluso. La vicenda Ilva rischia di tramutarsi in una vera e propria bomba sociale”. Così in una nota gli esponenti di Aigi Taranto
“Con 12 mila lavoratori, tra diretti e non, che rischiano di perdere lavoro e prospettive per il futuro ed allargando il cerchio fino all’indotto di secondo e terzo livello fino ad arrivare al settore terziario dei servizi e del commercio, si arriva a 25 mila posti di lavoro. Con diverse decine d’imprese, appartenenti al comparto produttivo dell’indotto, avviate verso il disimpegno e l’abbandono. Una sorta d’isolamento forzato. Imposto da un’economia che langue.
L’interruzione prossima ventura delle linee di credito, nonostante l’egregio lavoro dei commissari, dovute ad una stasi preoccupante, a politiche industriali inesistenti, – sottolineano – preannuncia l’ennesimo Natale tribolato alle nostre latitudini. Continuare così non è più possibile. Elemosinare un tozzo di pane, nuovamente, come se la storia dell’ultimo decennio non avesse insegnato nulla, è deprimente. Oltraggia la nostra dignità di lavoratori e imprenditori. Ci offende nella veste di contribuenti italiani. – Prosegue la nota – Lo stato e solo lo stato, nell’attuale situazione congiunturale europea e mondiale e con il programma di rilancio di rafforzamento della difesa, dovrebbe trovare i fondi necessari per avviare e completare nel minor tempo possibile i progetti di investimento per una decarbonizzazione ormai irrinunciabile.
Lo Stato e solo lo stato, come più volte AIGI ha sostenuto, prendendo in mano la situazione, dovrebbe inserire nel proprio Bilancio un Fondo di circa 4 miliardi per il risanamento funzionale dell’impianto siderurgico, per rilanciare l’acciaieria verso una condizione di autosostenibilità economica e di futura presentabilità sul mercato.
Per la gestione dell’industria tarantina: in grado di svilupparsi su un arco temporale di almeno un quinquennio. – Evidenziano gli esponenti dell’associazione di categoria – In modo da avviare un vero, e non fantasmagorico, partenariato pubblico-privato. Con la rivisitazione dei sistemi logistici. In caso contrario non solo il futuro prossimo, ma il presente, il tempo attuale, si tinge di nero. E le prospettive si chiudono paurosamente. Non resterebbe altro, a quel punto, che avviare una mobilitazione ad oltranza.
Una mobilitazione, si badi bene, che riguardi la città intera. Senza infingimenti. Le imprese. I lavoratori con i loro rappresentanti. I cittadini. Gli intellettuali della domenica che discettano sulla pelle viva degli altri. Gli estimatori di un ambientalismo opportunistico. – Concludono – Un’Ilva chiusa negherebbe a questo territorio anche le bonifiche. Il tanto declamato risanamento. La rinascita che oggi non s’intravede, basta farsi una passeggiata nel centro di Taranto in un clima di economia post bellico e nel silenzio di tutti.”


