di Armando De Vincentiis
“Il problema è che non si tratta di una vera dialettica contrapposta, bensì di un mero tifo da stadio, in cui ciascuno percepisce l’altro come l’ignorante di turno o come l’ipnotizzato dalla propaganda avversa”
Sembra, o meglio, assistiamo da tempo a una guerra tra ideologie oltre che tra due nazioni: da un lato la lotta tra il bene e il male, dall’altro la ricerca delle ragioni profonde del conflitto. In entrambe le fazioni, si interpreta come ideologica la posizione avversa.
Chi cerca di capire perché Putin abbia compiuto un’azione del genere (pur riconoscendo che ha violato il diritto internazionale) tenta di analizzarne le basi storiche e geopolitiche, mentre chi si ferma al giudizio immediato (“Putin folle, criminale, o persino macellaio”, per citare un’espressione dell’ex presidente degli Stati Uniti Joe Biden) riduce la complessità a una semplice contrapposizione morale.
Il problema è che non si tratta di una vera dialettica contrapposta, bensì di un mero tifo da stadio, in cui ciascuno percepisce l’altro come l’ignorante di turno o come l’ipnotizzato dalla propaganda avversa. A dire il vero, noi occidentali siamo molto più bombardati dalla nostra propaganda, mentre quella russa ci raggiunge solo in modo indiretto. Tuttavia, questo tifo da stadio si trasforma, sui social e nei talk show, in vere e proprie risse verbali dai toni accesi e aggressivi.
Da un lato si accusa di essere “filoputiniano” (etichetta ormai inflazionata, diventata sinonimo di cattiveria, complottismo o persino, chissà perché, di fascismo) chi tenta di non fermarsi all’invasione e di ricercarne le radici storiche. Dall’altro, si accusa di ristrettezza mentale chi considera la guerra iniziata solo nel tristemente noto 2022, dimenticando tutto ciò che è avvenuto prima e le tensioni tra USA, Russia e NATO.
È come se, per parafrasare una metafora di Bertrand Russell, l’universo fosse nato in quel momento e tutte le informazioni precedenti fossero state impiantate dal nulla. E guai a ricordare i precedenti: non per giustificare l’invasione, ma per comprenderne il contesto storico e geopolitico.
Oggi sembra quasi che l’analisi storica venga confusa con la giustificazione di Putin, quando in realtà non è affatto così. Comprendere, non giustificare, potrebbe forse ridurre il clima aggressivo che si genera tra le fazioni.
Il problema nasce quando ci si irrigidisce su posizioni ideologiche. L’ideologia, si sa, è una sorta di linea guida che non consente interferenze, pena la dissonanza cognitiva, ossia quello scarto disturbante tra ciò che crediamo e ciò che è davvero. L’ideologia dà sicurezza, certezze e non tollera dubbi.
Sapere che Putin è un “pazzo criminale” aiuta, paradossalmente, a vivere in una certezza: abbiamo un nemico da combattere e tutto fila. Ma pensare che anche l’Occidente possa avere delle colpe diventa altamente disturbante, perché significa ammettere che anche “in casa” esistono responsabilità. E ammetterlo spezzerebbe quelle certezze ideologiche che ci consentono di mantenere un solo obiettivo: “abbattere il nemico unico”.
Questo stesso scritto, con molta probabilità, potrebbe essere interpretato come dissonante, ma solo perché molti hanno già preso una posizione rigida, che li porta a vedere la questione “senza se e senza ma”.
La comprensione, tuttavia, non è mai unidirezionale. Una visione sistemico-circolare, in cui non esiste un vero punto di partenza, farebbe bene a entrambe le fazioni, se solo si partisse dalle domande giuste, senza risposte preconfezionate, spesso fornite dai media stessi. C’erano già tensioni prima dell’invasione? Che ruolo ha avuto la NATO negli equilibri post-1989 e come è stata percepita la sua espansione verso est dal Cremlino? Quali erano, dal punto di vista strategico, gli interessi vitali di Mosca e quali quelli di Kiev e della NATO prima del 2022? L’Occidente ha realmente valutato le conseguenze delle proprie scelte di allargamento militare, economico e simbolico verso l’Europa orientale? Gli interessi economici occidentali (armi, energia, ricostruzione) influenzano oggi il prolungarsi del conflitto? È possibile oggi parlare di “neutralità dell’informazione” o viviamo in un sistema comunicativo che richiede schieramento emotivo?
Quanti commentatori, soprattutto sui social, si sono posti questi quesiti e hanno cercato risposte?
Forse, con una corretta ricostruzione storica e una consapevolezza piena dei fatti, potremmo almeno evitare quell’orrendo tifo da stadio in cui si crede di lottare tra buoni e cattivi.
E prima che qualche lettore, animato da spirito ideologico, tacci questo scritto di “filoputinismo”, ribadiamo ancora una volta: nessuno giustifica Putin per la violazione del diritto internazionale. Non si tratta di giustificare ma di comprendere.


