di Rosa Elenia Stravato
Vita, pensiero e lascito di un maestro che fece di Taranto una capitale dell’intelletto
Fra le figure più luminose della Magna Grecia, Archita di Taranto si staglia come un raro esempio di sapiente capace di coniugare filosofia, scienza e governo. Nato a Taranto nel V secolo a.C., all’interno di un contesto civico frizzante e aperto alla cultura pitagorica, egli seppe incarnare in modo esemplare l’ideale dell’uomo antico che, attraverso lo studio e la misura, ricerca l’armonia del mondo e di sé. Discepolo devoto e fedele della scuola pitagorica, Archita ne assimilò i principi matematici e la visione etica, arricchendoli con una geniale originalità. Il suo apprendistato non fu esclusivamente intellettuale: Taranto, allora era tra le polis più prosperose della Magna Grecia, e forniva agli spiriti più sensibili un ambiente ricco in cui filosofia, politica e tecnica dialogavano agevolmente. Taranto – possiamo dirlo con franchezza- fu la culla e il teatro della sua grandezza. La città non solo lo vide crescere e operare, ma si fece testimone privilegiata del suo metodo: coniugare sapere e responsabilità, studio e impegno civico. Ancora oggi il nome di Archita è parte integrante dell’identità culturale tarantina, che in lui riconosce un simbolo di eccellenza intellettuale e di misura etica.
L’educazione di quest’uomo fu tanto rigorosa quanto permeata di realismo civile, e ciò spiega la facilità con cui egli seppe passare dalla teoria alla prassi. Di Archita ci sono giunti soltanto frammenti, ma l’eco della sua opera è vasta. In matematica elaborò fondamentali riflessioni sulle proporzioni e sui rapporti armonici, divenendo figura centrale nella tradizione che collegava il numero all’ordine cosmico. In geometria affrontò problemi ardui, come la duplicazione del cubo, con una concezione altamente avanzata dell’intersezione tra curve. In ambito musicale — disciplina ritenuta sacra dai pitagorici — egli portò a compimento l’identificazione dei rapporti numerici che regolano intervalli e consonanze, lasciando un’impronta indelebile nella teoria dell’armonia.
Ma Archita non fu solo matematico e filosofo: fu anche abile statista. Per sette volte stratega di Taranto, governò la città senza mai cadere nelle derive dell’autocrazia e mantenendo una reputazione di rettitudine che pochi antichi uomini politici poterono vantare. La sua capacità di unire giustizia, rigore e moderazione divenne un modello ideale del buon governo, apprezzato persino da Platone, che considerò Archita oasi di salvezza contro i pericoli della politica ateniese.
La sua pullulante eredità risiede nella sua visione unitaria del sapere. Egli comprese che matematica, filosofia, musica e politica non erano compartimenti stagni, ma molteplici riflessi di un unico ordine armonico. Questa visione anticipò, per molti aspetti, la concezione rinascimentale del sapiente universale e contribuì a consolidare l’idea che la ragione potesse essere strumento di equilibrio tanto nella vita privata quanto in quella pubblica. In questo solco si inserisce l’importanza del Liceo Archita, istituzione storica della città che, nel portare il suo nome, assume il compito di custodirne la memoria e di trasmetterne l’eredità alle nuove generazioni. Non si tratta soltanto di un omaggio nominale: il liceo, con la sua tradizione umanistica e la sua apertura alle scienze, rappresenta un luogo dove il pensiero critico e la ricerca dell’armonia — tanto cara al maestro pitagorico — trovano un ambiente fertile. Così, nella formazione degli studenti, si rinnova quotidianamente il messaggio architiano: il sapere è libertà, ed è soprattutto responsabilità verso la comunità. Dunque, Archita resta un faro nella storia del pensiero antico: scienziato, filosofo, musicologo, politico, egli seppe incarnare una concezione del sapere che, lungi dall’essere astratta, si radicava nel servizio alla città e nell’aspirazione a un ordine giusto. La Taranto contemporanea, insieme al liceo che ne porta il nome, continua a custodirne l’eredità, conscia che la grandezza del passato non è semplice memoria, ma una riserva di senso capace di orientare il futuro.


