di Erasmo Venosi
Trattare la magistratura contabile al pari di un’Authority qualsiasi. Modificarne funzioni e ruoli attraverso una legge ordinaria. A questa destra piacciono sempre meno gli organismi di controllo
Un altro passo verso la limitazione dei controlli e delle responsabilità di politici e dipendenti pubblici. A queste finalità risponde la riforma della Corte dei Conti. La funzione di controllo da parte della Corte dei Conti è descritta al secondo comma dell’articolo 100 Costituzione: “La Corte dei conti esercita il controllo preventivo di legittimità sugli atti del Governo, e anche quello successivo sulla gestione del bilancio dello Stato. Partecipa, nei casi e nelle forme stabilite dalla legge, al controllo sulla gestione finanziaria degli enti a cui lo Stato contribuisce in via ordinaria. Riferisce direttamente alle Camere sul risultato del riscontro eseguito”.
La Corte dei conti è un organo di rilevanza costituzionale (artt. 100 e 103 Cost.), dotato di funzioni di controllo e giurisdizionali, e di una specifica Procura. Da questi articoli discende che la Corte è dotata di autonomia e indipendenza. Nella sentenza 29/1995 la Corte Costituzionale definisce la Corte dei Conti come organo posto al servizio dello Stato comunità e non già del Governo, quale garante imparziale dell’equilibrio economico finanziario del settore pubblico, sia statale, sia regionale e comunale, e, in particolare, della corretta gestione delle risorse collettive sotto il profilo dell’efficienza, efficacia ed economicità. Non dovrebbe essere consentito modificare, attraverso una legge ordinaria, i poteri di un organo costituzionale.
L’equivoco è nel rappresentare la Corte dei Conti come una Authority, quindi come un organo amministrativo “dedicato” come ce ne sono tanti in Italia. Questa rappresentazione falsa consente di incidere sui poteri costituzionali della Corte con legge ordinaria non soggetta a referendum confermativo e “chiudere la partita” entro il 31 dicembre. Il motivo? Scade lo scudo erariale, che limita le responsabilità amministrative riguardanti le spese del PNRR. Scudo che tutela i funzionari pubblici nonostante i limiti fissati dalla Corte Costituzionale.
Incidentalmente va detto che solo il Movimento 5 Stelle si oppose alla proroga dello scudo erariale. Misura introdotta dal Conte 2 nel 2020, ma per gestire la pandemia nel senso di concessione di libertà ai funzionari pubblici di assumere decisioni rapide evitando il rischio di indagini e processi connessi alla decisione. Scudo che poi è stato prorogato una volta da Draghi e 4 volte dal Governo Meloni.
Lo scudo erariale è un provvedimento che limita la responsabilità dei pubblici ufficiali se commettono reati di dolo e omissioni causando danni erariali. Una sorta di condono per danni monetari causati allo Stato. Osserviamo che la Corte Costituzionale, con sentenza, aveva limitato la proroga al 31 dicembre dello scorso anno. I danni causati dai pubblici ufficiali saranno pagati dai cittadini. Un esempio? L’errore di un medico in ospedale, denunciato dal paziente, sarà pagato dallo Stato! Un amministratore produce un danno erariale, per esempio un sindaco? Paga l’importo indicato nella sentenza per evitare l’ineleggibilità, come per esempio prevista per dissesto finanziario del Comune.
Due principi costituzionali “resecati”: il principio di responsabilità (art. 28 Cost.) e il principio di buon funzionamento delle prestazioni del pubblico ufficiale. La riforma incide sul risarcimento per danno accertato per responsabilità amministrativa introducendo un “doppio tetto”: 30% come massimo risarcimento del danno arrecato e, comunque, non oltre due annualità dello stipendio lordo. Viene introdotto il silenzio assenso.
Scatta se, entro trenta giorni, la Corte non si esprime sulla legittimità di un atto sul quale viene richiesto il parere. Silenzio assenso da intendere come favorevole per chi lo ha richiesto, sollevandolo da qualsiasi responsabilità. Infine, la riforma accorpa le sezioni regionali e i magistrati che ci lavorano e che dovranno svolgere funzioni di controllo, giurisdizionali e consultive. Aumentano i poteri del procuratore generale. Infine, manca un quarto dei magistrati della Corte dei Conti.


