L’epilogo fatale sarebbe stato motivato da dispute tra la vittima e il fratello Tiziano, legate alla gestione di una cooperativa
Lo scorso 23 gennaio, la Corte ha condannato all’ergastolo Tiziano Nardelli come mandante dell’omicidio del fratello, Mimmo Nardelli, ucciso il 26 maggio 2023, mentre Paolo Vuto ha ricevuto la stessa pena per aver organizzato la spedizione mortale. Il figlio di Paolo, Cristian Aldo Vuto, è stato condannato a 30 anni di reclusione per aver materialmente esploso i colpi fatali. Infine, Francesco Vuto ha ricevuto 25 anni di reclusione per aver guidato la moto su cui viaggiava il killer.
La Corte, presieduta da Filippo Di Todaro, ha riconosciuto l’aggravante della premeditazione. Le motivazioni spiegano che già cinque giorni prima dell’omicidio, le conversazioni intercorse tra Paolo e Tiziano mostravano “nitida” la volontà di “risolvere il ‘problema Cosimo Nardelli’ (…) in modo definitivo con l’uccisione dell’uomo che si contrapponeva alle loro mire”.
Il dettaglio del movente economico
Le 161 pagine delle motivazioni, come riporta La Gazzetta, approfondiscono il movente economico, definito “l’elemento scatenante del forte contrasto” tra i due fratelli. Tiziano, infatti, non aveva alcun interesse a sciogliere la cooperativa poiché incassava annualmente oltre il 60% degli utili. La vittima, Mimmo, non accettava più di ricoprire una posizione marginale nella gestione della cooperativa di famiglia e rivendicava i suoi diritti, che fino a quel momento erano stati esercitati in via esclusiva dal fratello Tiziano. Questa dinamica ha portato i giudici a escludere l’aggravante del metodo mafioso, inquadrando l’omicidio come l’esito di un “crescendo criminale” alimentato dalle tensioni finanziarie.
I conflitti tra i fratelli erano stati ulteriormente inaspriti da un precedente episodio. Kasli Ramazan, condannato a 18 anni con rito abbreviato per il tentato omicidio di Cristian Troia, era andato in campagna da Cosimo Nardelli “al solo scopo di minacciarlo ed eventualmente anche di ammazzarlo” per scoraggiarlo dallo scioglimento della cooperativa familiare.
L’inchiesta sull’omicidio, coordinata dai pubblici ministeri Milto De Nozza dell’Antimafia di Lecce e Francesco Sansobrino della Procura di Taranto, è stata decisiva grazie alle intercettazioni ambientali e telefoniche. Stralci di conversazioni hanno rivelato non solo gli affari comuni tra Tiziano Nardelli e Paolo Vuto, ma anche un legame di reciproca opportunità: per Vuto il supporto economico di Tiziano, e per quest’ultimo la “protezione” e l’intervento del primo. Questa tesi è stata pienamente accolta dai giudici, che hanno inquadrato il rapporto tra i due come “ben consolidato” e li hanno ritenuti “così vicini negli intenti al punto da dover intervenire sempre uno in aiuto dell’altro”, fino a cooperare nell’eliminazione di Cosimo Nardelli.


