Due persone sono finite ai domiciliari per inquinamento ambientale e disastro ambientale, a seguito di indagini complesse, durate diversi mesi, che hanno ricostruito una catena dedita alla pesca e alla commercializzazione illecite dei datteri di mare
Arrestate nelle prime ore di questa mattina, dal personale della Capitaneria di porto – Guardia Costiera, alcune persone indagate in concorso tra loro per numerosi episodi di pesca di frodo della specie marina Lithofaga Lithofaga (comunemente datteri di mare) nella Rada Mar Grande del porto di Taranto e più precisamente nelle zone secca della Tarantola e Isole Cheradi (San Pietro e San Paolo).
Le indagini hanno evidenziato il rischio di distruzione di lunghi tratti di scogliera marina, il deterioramento delle acque marine e dei relativi fondali rocciosi, dell’ecosistema e della biodiversità, nonché l’alterazione irreversibile di tale ecosistema; ciò al fine di ottenere un ingiusto guadagno derivante dalla vendita abusiva del suddetto prodotto ittico, in assenza, peraltro, della preventiva depurazione e, quindi, potenzialmente pericoloso per la salute pubblica.
Tra i reati contestati ai due indagati, posti agli arresti domiciliari. quelli di inquinamento ambientale e di disastro ambientale poiché, mediante la costante e ripetuta demolizione di scogliere frangiflutti per l’asportazione dei datteri avrebbero provocato l’alterazione dell’ecosistema marino e l’alterazione della biodiversità presente nelle acque del capoluogo jonico.
Le attività investigative, protrattesi per mesi ed eseguite dal nucleo di polizia giudiziaria della Guardia Costiera di Taranto attraverso l’utilizzo di investigazioni di natura tecnica e intercettative, hanno consentito di ricostruire un quadro di responsabilità di notevole complessità con gravi ripercussioni di natura ambientale.
Così come anche accertato da specifiche videoriprese subacquee effettuate gli investigatori della Guardia Costiera hanno potuto constatare come l’estrazione illecita dei datteri dal loro habitat naturale protetto abbia, nel tempo, provocato il deturpamento della scogliera tramite picchettatura e il conseguente impoverimento dell’ecosistema marino, causando la perforazione e lo sgretolamento delle scogliere.
Il tutto finalizzato a costituire una vera e propria catena di illecita commercializzazione operante in spregio al divieto assoluto di pesca e commercializzazione
stessa della specie stabilito da fonti normative internazionali, eurounitarie e nazionali.
Il dattero di mare risulta, infatti, inserito nell’elenco di specie di interesse comunitario che richiedono una protezione rigorosa e la normativa vigente ne vieta la cattura, la detenzione a bordo, il trasbordo, lo sbarco, il magazzinaggio, la vendita e la esposizione o messa in vendita.
L’impatto prodotto dalla relativa pesca genera ripercussioni gravissime non solo sulla stessa specie a causa del continuo assottigliarsi del popolamento dovuto a prelievi indiscriminati che abbassano il tasso di riproduzione e portano a delle estinzioni locali, ma anche sulla fauna e la flora bentoniche esistenti in un determinato sito, che sono quasi azzerate con devastanti conseguenze a carico delle biocenosi che abitano le pareti rocciose.
Nel caso in specie, inoltre, i siti di estrazione rientrano in quella fascia costiera orientale Jonica-Salentina riconosciuta come area di notevole interesse pubblico, e, in particolare, all’interno di un’area protetta quale è il Mar Piccolo di Taranto, tra l’altro assoggettata a vincoli paesaggistici, circostanze, quest’ultime, che hanno ancor più aggravato la condotta criminosa posta in essere dagli arrestati .


