Lo studio che il sociologo americano realizzò in Basilicata nel biennio 1954-55, a Chiaromonte, è ancora attuale. In politica, nelle professioni, nei CdA delle aziende (grandi e piccole) non è il merito a selezionare vincenti e perdenti. Storia di una debolezza culturale che diviene nanismo economico
Siamo tutti debitori di Edward C. Banfield. Del sociologo americano che c’inchiodò dinanzi alle nostre responsabilità ataviche. Che ci spazzolò il cappotto dalla troppa forfora dei falsi convincimenti. E ci rese edotti del rapporto intimo che attraversa il progresso culturale e lo sviluppo economico. La grazia del sapere con il conto in banca troppo spesso a digiuno di congiuntivi. Banfield e Manlio Rossi Doria: così diversi eppure così uguali. Cultori – e indagatori – entrambi di un meridionalismo che diviene tutt’uno con il Mediterraneo, allungandosi sino al Medio Oriente. Passando per il Medio Oceano. Da prospettive diverse, i due studiosi giunsero allo stesso approdo ideale.
Massimizzare unicamente i vantaggi materiali di breve termine, farlo all’interno di rapporti parentali, nella sola dimensione della famiglia nucleare, è il nerbo concettuale attorno al quale prosperò la definizione di “familismo amorale”. Teatro dell’indagine condotta dal sociologo americano, accompagnato proprio da Rossi Doria nel suo peregrinare per gli strati di una Storia che ama l’immobilismo alla fatica della marcia, il ritardo opportunistico all’anticipo sospettoso, fu un comune lucano. Non molto distante da Taranto, come tutti i comuni lucani alla fine. Chiaromonte, per la precisione, un balcone naturale che amoreggia con il Parco del Pollino che li si staglia di fronte. Siamo nel biennio 1954-55, lo studio dal titolo The moral basis of a backward society verrà presentato qualche anno dopo: nel 1958. Destò critiche, sospetti, reazioni stizzite, tra i soliti parrucconi accademici e le nostre tronfie baronie universitarie. Proprio perché coglieva nel segno, ci sbugiardava, esigeva un cambio di passo, l’abbandono dell’arcaicità più deleteria per abbracciare la modernità, destava fastidio. Aumentava i pruriti ideologici di ideologie coniate ad uso e consumo proprio.
“Il voto verrà usato per assicurarsi vantaggi materiali di breve termine, più precisamente per ripagare vantaggi già ottenuti, non quelli semplicemente promessi”, dirà Banfield. E ancora: “ Il voto verrà altresì usato per punire coloro da cui ci si sente danneggiati nei propri interessi, anche se quelli hanno agito per favorire l’interesse pubblico”. Il sociologo a stelle e strisce commise un solo errore; considerò l’arretratezze economica e culturale una cifra identitaria del solo Mezzogiorno. Riguardava, e riguarda, l’intero Paese invece. Non amiamo il merito, ci nascondiamo dietro i bisogni, a Bolzano così come a Trapani. Ci spaventano le voci fuori dal coro, gli spiriti liberi, chi si dichiara estraneo al gregge. Consideriamo il coraggio non una virtù, ma l’esibizione di un vezzo narcisistico. La competenza l’illusione senile di un inchino all’etica. E’ familistico il nostro presente; è amorale l’dea che abbiamo del futuro. Sarà anche per questo se la storia è nelle vene della terra.