martedì 10 Settembre 24

Il cinema di Aki Kaurismaki, le calde suggestioni di un uomo venuto dal freddo

Il suo ultimo film, “Foglie al vento”, in questi giorni nella sale italiane, è un delicato racconto sulla vita e gli ostacoli che la stessa pone a chi cerca la felicità. Dio c’è (e forse anche Marx) ma non si vede

Attenti alla vita, agli scherzi che può infliggere. Tutto il cinema di Aki Kaurismaki sembra ruotare attorno a questa sua massima, pronunciata a margine di un premio ritirato qualche anno fa a Lecce. L’eccentrico regista finlandese, autore di pellicole memorabili come “L’uomo senza passato”, “L’altro volto della speranza”, “Foglie al vento” (in questi giorni nelle sale italiane), pone gli ultimi, gli occasionali dell’esistenza, la relazione tra questi e le società circostanti, al centro dei suoi racconti mai stereotipati. Lontani da proclami didascalici. La vita pone ostacoli a chi cerca la felicità, sembra suggerirci di continuo. Bisogna andarle incontro senza mai abbassare la guardia. Senza voltarsi dall’altra parte, servirebbe a poco, potrebbe agguantarci quando meno ce l’aspettiamo.

C’è sempre qualcosa di misterioso, di segreto nel cinema di Kaurismaki. Nei suoi film, l’analisi dell’universo proletario è sempre condotta con grande precisione e con assoluta capacità di coinvolgimento sociale, ma non può essere mai riconosciuta quale unico centro del discorso, anche perché questo difficilmente assume esplicite valenze ideologiche. E’ nel contesto di questo mondo tutto cinematografico, sapientemente definito da uno stile che sa condensare il realismo con il fantastico, la fisicità dei comportamenti con l’analisi dell’interiorità psicologica, che Kaurismaki (forse memore dell’amata pittura di Edward Hopper) accompagna e osserva i suoi protagonisti, avendo sempre una grande cura e una grande competenza nel curare a tal fine la recitazione degli attori chiamati a interpretarli. Il suo sguardo sulla società e sugli esseri umani è contemporaneamente partecipe e distaccato. La sua visione dell’esistenza si alimenta insieme di sofferenza e di ironia. Dietro a ogni inquadratura dei suoi film, comunque, traspare sempre la gioia di fare del cinema, come nella consapevolezza che l’arte rappresenti l’unica via possibile per dare un ordine alle cose e ai sentimenti, per confrontarsi produttivamente con il mistero della quotidianità. Quella vita che il “freddo” regista finlandese insieme raggela e riscalda, di continuo.

Il suo linguaggio cinematografico è diventato, infatti, sempre più essenziale, nel corso degli anni; ma contemporaneamente il fuoco di un irriducibile fermento interiore agita e brucia sempre più i suoi personaggi e lo sguardo di chi con l’occhio del cinema racconta (il regista) od osserva (lo spettatore) il divenire della loro storia, che film dopo film si fa sempre più articolata dal punto di vista narrativo. In modo consapevole, complesso ed emotivamente coinvolgente. Dio c’è (e forse anche Marx) ma non si vede! Semplicemente… Aki Kaurismaki.

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