Leggere l’ultimo libro di Marcello Veneziani (Senza eredi, Marsilio edititori) perché si possano onorare i padri e i fratelli maggiori. E continuare l’opera dei nostri avi in compagnia degli dei, degli assenti, degli invisibili
Mancano gli eredi, perché abbiamo dimenticato i maestri. Li abbiamo disconosciuti per ignoranza manifesta. Per l’arroganza euforica degli ultimi. Restiamo in precario equilibrio nel presente avendo smarrito le giuste coordinate di passato e futuro. Si è volatilizzato lo stupore e la voglia d’imparare. E a prevalere, ormai, sono le solite opinioni in luogo delle domande da porre. Non proprio il massimo – e il meglio – che possa augurarsi ad un’epoca gravida di fraintendimenti come la nostra. Marcello Veneziani s’interroga su questa nuova postura civica con il suo “Senza eredi” per edizioni Marsilio. Proseguire lungo il sentiero dei nostri avi, dotarsi semmai di un pensiero proprio, originale, moderno, diviene proibitivo se si recidono i legami; se prevale l’ignoranza imparentata con la dittatura dell’informazione. L’autore pugliese, a tal proposito, chiama in causa la battaglia ideale condotta dal filosofo tedesco-coreano Byung-Chul Han: “I nuovi poveri non sono poveri di mezzi, bisognosi di mangiare e di vestirsi, di avere una casa. Non sono poveri economici, come si dice per i migranti, né fanno parte di quei milioni di cittadini, tra cui i pensionati, che non riescono ad arrivare a fine mese. Sono poveri di beni immateriali. Poveri di vita, di esperienze da raccontare, forse poveri di spirito”. Una povertà che attiene all’informazione, alla politica, alla vita quotidiana.
E’, se ci pensiamo, la stessa descrizione di un mondo “di troppo” proposta nella “Nausea” di Sartre. Ci vorrebbero i maestri: i vecchi al pari dei nuovi. Ci vorrebbero coloro che potessero aiutarci a fare luce, affinché si guadagni l’uscita da un tunnel che sembra non avere fine. Dovrebbe recuperarsi il senso critico centrifugato nella cancel culture. L’emotività del grande gesto. La familiarità con la forma dell’umanità. Tornare a Pascal, a Vico, a Leopardi, a Proust, a Kafka. Grandi maestri senza più eredi.


