di Rosa Elenia Stravato
Addio a Ornella Vanoni, la signora del canto e dell’ironia che ha attraversato un secolo di musica italiana
Nel silenzio improvviso che segue la scomparsa di Ornella Vanoni, resta un fruscio speciale: quello della sua voce, vellutata e unica, capace di trasformare ogni parola in un’emozione. Una voce che sembrava già appartenere al futuro quando, ancora giovanissima, incrociò il destino con Giorgio Strehler al Piccolo Teatro di Milano. Fu lui a intravedere in quella ragazza dalla timidezza inquieta l’energia di una protagonista, e a indirizzarla verso un percorso che sarebbe diventato leggenda. Con Strehler, possiamo dirlo, imparò l’arte di abitare la scena. La sua partecipazione allo spettacolo teatrale I Giacobini di Federico Zardi, prodotto al Piccolo Teatro di Milano da Strehler, rappresenta un punto cruciale nella sua evoluzione artistica ed umana. Durante i cambi scena dello spettacolo, Ornella cantava: non brani qualsiasi, ma le cosiddette “canzoni della mala”, un repertorio nato da antiche ballate dialettali “popolari”, rielaborate da Strehler e dal compositore Gino Negri per evocare un mondo oscuro, corale, quasi sotterraneo.
Non solo canto, ma gesto, presenza, sguardo. Poliedrica per natura, Ornella ha fatto del teatro un laboratorio emotivo che le avrebbe permesso di spaziare con la stessa eleganza in cinema e televisione, sempre fedele a quella sua cifra inconfondibile: raffinata, ironica, mai scontata. Nel panorama musicale italiano, il suo arrivo fu un fulmine: dalla stagione delle “Canzoni della mala” alle melodie più soavi, passando per i palpiti di amori inquieti e intensi. A Sanremo fu presenza ricorrente e amatissima: “Abbracciami forte”, “Io ti darò di più”, “La musica è finita”, “L’appuntamento” — brani che non solo conquistarono il pubblico, ma entrarono nella memoria collettiva come colonne sonore di intere generazioni. Tra le molte stagioni della sua carriera, una resta particolarmente luminosa: la stagione brasiliana.
Ornella non si limitò a interpretare la bossa nova, la comprese intimamente, la fece sua.Il culmine di questo incontro fu l’album del 1976, “La voglia, la pazzia, l’incoscienza, l’allegria”, un gioiello realizzato insieme a due giganti: Vinícius de Moraes e Toquinho. Una raccolta di brani brasiliani reinventati in italiano, ma più ancora era un ponte emotivo tra due mondi. Con quella grazia sorniona che la caratterizzava, Ornella riuscì a trasformare le atmosfere tropicali in un racconto tutto italiano: malinconico, solare, sensuale. Non un semplice omaggio, ma una fusione perfetta, un atto d’amore reciproco: un capolavoro, un punto di riferimento tra la musica italiana e quella brasiliana. La Vanoni ha esplorato più volte questo genere ne è testimonianza l’album “Meu Brasil” del 1980 che ha evidenziato quanto fosse versatile la sua artisticità. Ogni brano, ogni gesto, ogni parola: quelle lezioni al Piccolo l’avevano forgiata quale eterea e rivoluzionaria performer. Vanoni è stata — e rimane — un archetipo di femminilità libera. Aveva la capacità di parlare senza filtri con la stessa profondità anche fuori dal microfono. «Sono una donna coraggiosa, non forte.
Sono molto fragile e pago tutto con lacrime, fatica», aveva confessato in una celebre per Vanity Fair. I suoi celebri flirt, da Gino Paoli ad Enrico Maria Salerno, sono entrati nella mitologia pop non per scandalo, ma per la naturalezza con cui lei ne parlava: senza pudori inutili, senza moralismi, con quella sua verve da donna padrona del proprio destino. Elegante e pungente, sapeva sorridere delle sue passioni come delle sue fragilità. Restituiva quell’aurea di inossidabile “stoffa dei sogni” con la naturalezza acuta di una ragazzina sveglia e birbante. Il suo stile — cappotti morbidi, toni caldi, una sigaretta immaginaria tra le dita, lo sguardo che ride prima della bocca — non è mai passato di moda. Era un modo di stare al mondo. Negli ultimi anni, grazie anche alle apparizioni nei programmi di Fabio Fazio, la Vanoni è diventata un’icona trasversale: non solo amata dal pubblico maturo, ma adorata dai giovani che la hanno trasformata in meme, gif, cult social.
Le sue battute spontanee, la sua ironia involontaria ma perfetta, il suo essere “fuori dal tempo ma sempre in tempo” hanno creato un fenomeno inatteso: Ornella come stile di vita. Non era nostalgia: era pura contemporaneità. Ora che il sipario immaginario si chiude, resta la certezza che Ornella Vanoni non se ne andrà mai davvero. La sua musica, la sua teatralità, la sua intelligenza scintillante rimarranno come un faro: di libertà, di eleganza, di luce gentile e intermittente, come quella di una città vista di notte dal mare. Ornella era — è — la prova che si può vivere a colori anche quando si parla sottovoce.


