Mario Desiati ha presentato a Taranto il suo nuovo libro, consegnando ai suoi lettori un romanzo più lirico, inquieto, ambizioso e maturo
Un indagine sul rapporto tra l’individuo e le sue radici, tra il trauma e la vergogna. Si può descrivere con queste poche parole il nuovo romanzo di Mario Desiati, intitolato Malbianco, edito da Einaudi, presentato ieri sera presso la Biblioteca Acclavio di Taranto. In questo libro lo scrittore pugliese, vincitore del Premio Strega nel 2022 con Spatriati, racconta le vicende della famiglia Petrovici, tra i quali ci sono più fili nascosti che verità condivise.
Il protagonista è Marco che decide di lasciare Berlino per tornare in Puglia ad occuparsi dei suoi genitori. Partendo da un ricordo d’infanzia, frammentato e confuso, inizia a scavare nella storia passata della sua famiglia convinto che le cause del suo malessere, dei suoi svenimenti, vadano cercate nella memoria sepolta di quel loro cognome così strano.
Desiati, attraverso le pagine di questo romanzo e un profondo studio sulla psiche umana, ha voluto parlare un uomo che ricostruisce l’albero genealogico della sua famiglia per trovare una motivazione ai suoi sintomi. É un libro sulle origini e sui luoghi d’infanzia che permette alle persone di guardarsi indietro e di liberarsi dei pesi per poter vivere il presente libero da tutto ciò che nasconde la vera essenza di ognuno di noi. Con Malbianco Mario Desiati ha consegnato ai suoi lettori un romanzo più lirico, inquieto, ambizioso e maturo.
Come è nata l’ispirazione per questo libro?
“È un libro che parte da un sogno che ho sempre avuto che era quello di scrivere un romanzo che parlasse anche della ricchezza di una famiglia pugliese. La ricchezza proprio dal punto di vista dei suoi geni perché è un libro su una famiglia che nata e cresciuta in questa terra, ma che in realtà affonda le sue radici lontanissimo perché porta dentro di sé un segreto di un’emigrazione il segreto di uno spostamento.
E poi volevo raccontare anche la storia di un uomo che impara, attraverso la coscienza dei propri sintomi e del proprio corpo, a ricostruire un po’ l’albero genealogico della sua famiglia. Quindi è un libro che si nutre anche molto della lezione della poesia dal punto di vista stilistico e che poi parte da una frase di Leonardo da Vinci che parla dell’immaginazione degli spiriti. Quindi può essere anche un libro molto spirituale, cioè un libro che ha a che fare con quello che si percepisce, ma non è visibile.”
Chi è Marco Petrovic, protagonista del romanzo, che decide di lasciare Berlino per tornare in Puglia, per accudire la sua famiglia, i suoi genitori?
“Marco è un uomo che ha avuto a un certo punto una rivoluzione nella sua vita e il suo corpo ha accusato il colpo di alcuni traumi che sono riemersi dopo anni che questi erano rimasti sopiti perché i traumi, se non vengono elaborati, poi riappaiono sul corpo. Da una serie di svenimenti inizia a indagare sul perché il suo corpo non gli fa vivere una vita serena come aveva fatto fino a quel momento. Quello è un pretesto in realtà, per poi arrivare e correre all’indietro con questa specie di macchina del tempo che ricostruisce la famiglia dei Petrovici, che è una famiglia il cui racconto non parte dal seme ma dal ramo spezzato o ramo che non ha germogliato.”
Da un ricordo d’infanzia confuso, il protagonista incomincia a scavare, a indagare sul passato della sua famiglia per trovare le cause del suo malessere. In che modo il passato, le radici e la storia della propria famiglia possono influenzare la vita di una persona?
“Sicuramente a prendere conoscere permette anche brutalmente la possibilità di non ripetere alcuni errori fatti. È un luogo comune, però è uno di quei luoghi comuni che cui io sono abbastanza che non c’è futuro senza memoria.”


