I numeri forniti dall’Istat attestano un calo del 10% delle chiamate al 1522 e lasciano emergere le criticità ancora presenti sul territorio nazionale, dalla disomogeneità nella distribuzione delle strutture di sostegno, al persistente quanto allarmante dato sulla violenza all’interno della coppia
Nel 2022, in Italia, le chiamate al 1522, numero attivo per offrire supporto e aiuto alle donne vittime di violenza, sono diminuite del 10% rispetto al 2021.
E’ quanto emerge dai dati riportati in questi giorni dall’Istat, che sottolinea ancora una volta l’importanza della cosiddetta “rete di protezione”, costituita anche e soprattutto da parenti, forze dell’ordine, pronto soccorso e ospedali.
Alcuni dati interessanti forniti dall’Istat riguardano proprio le figure “amiche” a cui le vittime di violenza chiedono aiuto: il 40% delle donne si rivolge ai parenti, il 30% alle forze dell’ordine, il 19,3% ha fatto ricorso al pronto soccorso e all’ospedale, quest’ultimo più di frequente in Lombardia, Basilicata e Umbria.
Numero che evidenziano la rilevanza delle figure familiari nell’ambito della lotta alla violenza sulle donne e confermano il ruolo fondamentale svolto dai parenti delle vittime nel supportare e spingere a denunciare le situazioni borderline.

Le forze dell’ordine e i servizi sociali e sanitari, invece, conservano una funzione centrale nell’orientare le donne verso i Centri Anti Violenza: il 32,7% delle vittime, infatti, è guidato dagli operatori del proprio territorio (forze dell’ordine, servizi sociali e presidi della salute).
Ma qual è l’identikit della donna che chiede più frequentemente aiuto al 1522 per uscire da situazioni di vessazioni fisiche e psicologiche in Italia? La maggior parte delle vittime è di nazionalità italiana (80,9%), ha un’età compresa tra 35 e 54 anni (nel 38% dei casi) e ha figli (53% dei casi), che molto spesso (oltre il 72%) sono stati testimoni delle violenze sulla propria madre, a volte (19% dei casi) subendole anch’essi.
Un altro dato preoccupante è la conferma alla maggior frequenza di atti violenti subiti all’interno di una coppia stabile: il 50% delle donne che chiamano il numero anti violenza denuncia abusi da parte del proprio partner attuale, il 19% da ex e solo lo 0,7% da partner occasionali.

Una situazione che certifica, una volta di più, l’importanza di progetti educativi mirati, da attuare sin dalla più tenera età all’interno di una vera e propria rete di luoghi deputati alla formazione delle nuove generazioni, che comprenda non soltanto le scuole, ma anche i centri sportivi e, più in generale, le sedi delle attività extra scolastiche.
L’Istat scrive nel report che “dalle informazioni raccolte dalle operatrici del 1522 risulta che la maggior parte delle vittime donne dichiara di non aver denunciato la violenza subita (8.056, 69,3%) per paura della reazione del violento (20% dei casi), o per non compromettere il contesto familiare (18,5% dei casi). Ma persiste una parte consistente (7,1% dei casi) che non procede alla denuncia perché non ha un posto sicuro dove andare”.
A tal proposito è doveroso sottolineare alcune rilevanti differenze regionali emerse a proposito dei Centri Anti Violenza e delle Case Rifugio: i primi sono presenti soprattutto al Sud Italia (30,8%), mentre una minore diffusione è presente nel Nord-ovest del Paese (22,5%), poi al Centro (19,6%), a seguire nel Nord-est (16,4%) e infine nelle Isole (10,7%).
Situazione opposta per quanto riguarda le Case Rifugio, maggiormente presenti nella parte settentrionale dell’Italia (40,4%) e nel Nord-est (22,7%) mentre solo il 13,5% si trova al Sud, il 12,3% nelle Isole e l’11,1% nel Centro.
Infine, appare opportuno rimarcare che i finanziamenti di CAV e Case rifugio sono soprattutto pubblici e che non sono poche le realtà che faticano a sostenersi, presentando bilanci negativi, in particolare nel caso di strutture che dispongono di entrate scarse (fino a 10mila euro).
Anche sul fronte delle disponibilità finanziarie, poi, la penisola italiana è disomogenea: se tra i CAV, infatti, sono quelli del Nord-est a presentare più fondi, tra le Case rifugio, invece, sono quelle delle Isole e del Centro a possedere le maggiori disponibilità, secondo un criterio inversamente proporzionale alla loro distribuzione sul rispettivo territorio.